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 2021  luglio 22 Giovedì calendario

Il risiko del lusso

Da Armani a Etro passando per Tod’s, entrano nel vivo le grandi manovre nel mondo della moda. La scommessa è che il comparto del lusso, tra i più penalizzati nel 2020, possa tornare a rivedere la luce beneficiando di una ripresa che, pandemia permettendo, sembra essere avviata, possibilmente con un «effetto elastico» che consenta di recuperare parte di quanto perso l’anno scorso. Non a caso, dall’ultimo sondaggio di Deloitte emerge che il 100% dei fondi sta valutando un investimento nel settore della moda e del lusso nel 2021, con particolare interesse per abbigliamento e accessori.
I numeri del primo trimestre dei colossi francesi Lvmh e Kering parlano chiaro: la moda è ripartita dalla Cina. Una tendenza appena confermata dal gruppo Salvatore Ferragamo, che, fresco dell’arrivo del nuovo ad Marco Gobetti da Burberry, ha annunciato che più della metà dei 524 milioni di ricavi del primo semestre è stata realizzata in Asia, con i negozi in Cina che hanno registrato un aumento delle vendite del 47,4% annuo a cambi costanti.
Ora la speranza è che questa euforia asiatica, da qualcuno definita «revenge spending» («spendere per vendicarsi») come a segnalare una voglia delle persone di rifarsi nello shopping dopo i tempi cupi della pandemia, possa trasferirsi all’Europa, a patto che i dati sul virus non peggiorino. «Dopo la frenata mondiale del 22% a cambi costanti registrata nel 2020 – commenta Claudia D’Arpizio, senior partner di Bain & Company –, la ripresa del mercato dei beni di lusso è partita velocemente in Cina per poi passare negli Stati Uniti, mentre l’Europa è rimasta indietro soprattutto per la mancanza del turismo».
Dopodiché, nota ancora D’Arpizio, «è vero che c’è la ripresa, ma le società devono essere in grado di coglierla, attraverso un’espansione sia geografica, che passi da Stati Uniti e Cina, sia dei canali, spingendo sull’ecommerce, e senza dimenticare di rivolgersi al pubblico più giovane. Per farlo, però, servono investimenti, perciò in questo momento fusioni e acquisizioni trovano terreno fertile. Senza contare che spesso occorrono anche risorse manageriali, non solo finanziarie, per far fronte al cambiamento».
E qui entrano in scena i fondi di private equity e i grandi gruppi del lusso, attratti da valutazioni societarie interessanti anche perché elaborate su bilanci del 2020 penalizzati dalla pandemia. Spesso poi le grandi aziende italiane devono risolvere il problema della successione e del cambio generazionale. Ce n’è abbastanza per spiegare come mai ad aprile Giorgio Armani abbia affermato che per il suo gruppo sta valutando una «liaison con un’importante azienda» del nostro Paese, non per forza della moda. Lo stesso mese, Alfonso Dolce di Dolce & Gabbana ha aperto la porta a una partecipazione a «un polo italiano».
Se l’ultimo in ordine di tempo ad annunciare grandi cambiamenti è stato Ermenegildo Zegna, che prepara la quotazione a Wall Street con l’aiuto del fondo Investindustrial, pochi giorni fa è stata la volta di Etro. La maison milanese si è accordata con il private equity L Catterton, partecipato dal numero uno di Lvmh Bernard Arnault e di recente salito al controllo dei sandali tedeschi Birkenstock, per fargli spazio nel capitale al 60%, diluendo la famiglia al 40% e per una valutazione complessiva della società sul mezzo miliardo.
Ad aprile, invece, il colosso Louis Vuitton è salito al 10% di Tod’s, il cui numero uno Diego Della Valle ha poco dopo dichiarato che, se mai decidesse di vendere, Lvmh sarebbe l’interlocutore ideale. A giugno si è poi chiusa l’operazione che ha visto passare le scarpe di Sergio Rossi dal fondo Investindustrial al gruppo cinese Fosun.
Nel frattempo, i francesi non si fermano: Kering ha appena comprato gli occhiali di fascia alta Lindberg e Lvmh ha raggiunto un accordo per la maggioranza del marchio di streetwear di lusso Off-White.
Protagonisti delle grandi manovre della moda dal lato del compratore sono anche gruppi italiani: ad aprile la Otb di Renzo Rosso ha rilevato Jil Sander e lo stesso mese Exor ha concluso l’acquisto del 24% della maison delle scarpe dalla suola rossa Christian Louboutin, mentre risale alla fine del 2020 l’acquisizione di Stone Island da parte di Moncler. C’è da scommettere che non sia finita.