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 2021  luglio 22 Giovedì calendario

Intervista alla leggenda olimpica Mark Spitz

Lo squalo ha perso i baffi, non certo il vizio di esercitare un carisma che dura dai Giochi guantati di Smith&Carlos, e che passa dritto come una lama attraverso il collegamento Zoom dalla California. «Non verrò a Tokyo, con la pandemia è troppo complicato: ma da domani mi incollo alla tv» garantisce Mark Spitz, 71 anni (di già?), nove ori, un argento e un bronzo in due edizioni dei Giochi, ‘68 (4 medaglie) e ‘72 (7 ori, record fino all’avvento di Phelps), la produttività più stellare del regno acquatico e oltre, oggi ambassador Arena.
Mark è giusto che questi Giochi così complicati partano? 
«Sì, la bolla dell’Nba era impenetrabile, funzionerà anche quella di Tokyo e comunque per la tv non cambia nulla: show garantito. Sono sicuro che l’Olimpiade sarà un successo». 
Anche a porte chiuse? 
«Non riesco a immaginare una finale olimpica senza pubblico. Poveri atleti: il Super Bowl è ogni anno ma i prossimi Giochi saranno nel 2024...» 
Lei come avrebbe reagito nel vuoto pneumatico? 
«Io ero così concentrato che non mi accorgevo di niente. E poi in acqua senti poco, il nuoto non è l’atletica. Certo partire dai blocchi in un silenzio glaciale dev’essere assurdo». 
Federica Pellegrini alla quinta Olimpiade punta al podio a 33 anni: la longevità è un talento, secondo lei? 
«Wow, pazzesco! Gli anni non sono un ostacolo per l’ispirazione e il talento: la seguirò con curiosità». 
Qui a Tokyo c’è anche Novella Calligaris, Mark, un argento e due bronzi a Monaco, nei suoi Giochi. 
«Tra le medaglie e l’attentato terroristico, Monaco fu un’esperienza incredibile, in grado di legare chi ha partecipato per la vita. Con Novella eravamo amicissimi, è un po’ che non ci vediamo: me la saluta tanto, per favore?». 
Volentieri. Spitz, ci spieghi: come si fa a vincere 9 ori in appena due Olimpiadi? 
«Ero forte! Scherzi a parte, io credo nel destino e penso che facesse parte della mia storia. Il primo record del mondo, nei 400 stile, l’ho fatto a 17 anni. A 22 mi ero già ritirato. Erano passati appena 5 anni. Sono convinto che il mio più grande talento sia stata proprio l’efficienza, più che le medaglie. In carriera ho partecipato a 75 gare, facendo 35 record del mondo: circa la metà delle volte che sono entrato in acqua, cioè, ho battuto un primato. Volevo vincere!». 
Chi le instillò il killer istinct? 
«Mio padre Arnold. Io non so se papà abbia mai detto sul serio la frase passata alla leggenda (“Nuotare è nulla, vincere è tutto”) però la sua era una filosofia vincente. La mia bravura, forse, è stata accettare la responsabilità del successo. Un tema interessante». 
Parliamone. 
«Dai miei sette ori a Monaco ‘72 agli 8 di Michael Phelps a Pechino 2008 sono passati 36 anni. Tutti credono che io ci sia rimasto malissimo, non è vero. Conosco Michael da sempre, me lo aspettavo. La verità è che ho realizzato quello che ho fatto solo quando il record mi è stato sottratto. E finalmente è finito quell’odioso paragone per qualsiasi nuotatore americano: non sei nessuno se non vinci almeno 7 ori come Spitz». 
Dove tiene le medaglie? 
«In banca. Da Monaco le ho riviste tre volte: quando un giornale francese mi chiese di fotografarle e quando i miei figli hanno compiuto sette anni. Li ho fotografati tra i trofei, un mio vezzo». 
Era a Città del Messico, era a Monaco. Non ha mai mancato un appuntamento con la storia. 
«Carlos e Smith sono amici da allora, ci sentiamo spesso. Il 5 settembre 1972, a Monaco, gareggiavo. Sono in conferenza stampa, mi dicono: hai sentito cosa è successo? Blindarono il villaggio, in quanto atleta ebreo americano mi scortarono in un posto sicuro. Volai a Londra. Da lì ho saputo degli atleti morti e dei palestinesi del commando in fuga». 
Quanto pesò il dramma sulla sua decisione di ritirarsi dal nuoto subito dopo? 
«Avrei smesso comunque». 
Nessuno tentò di dissuaderla? 
«No. Fui invitato alla Casa Bianca da Gerald Ford, nel frattempo c’era stato il Watergate e Nixon si era dimesso. Mi raccontarono che la nuova amministrazione trovò nello studio ovale un memo dimenticato, scritto a mano dall’ex presidente, che diceva: ma Spitz è repubblicano? Non lo sono ma diventai molto amico di Ronald Reagan». 
Altri incontri indimenticabili? 
«È il 1983, faccio un viaggio in Israele. Sulla strada del ritorno, mi fermo a Roma. Ho buone amicizie e mi prenotano l’udienza con Paolo VI in Vaticano. Ma io sono atteso a Francoforte per uno show televisivo, sono la guest star, non posso mancare. Parto e non incontro il Papa: il più grande rimpianto della mia esistenza! Mi sono rifatto conoscendo Joseph Ratzinger, anche se sei mesi prima del conclave che gli ha cambiato la vita. C’era anche Boris Becker». 
Comincia l’Olimpiade, nuove medaglie, facce e record scriveranno la storia del nuoto e dello sport. Come vorrebbe essere ricordato tra cent’anni Mister Spitz? 
«Come un atleta coi baffi che ha fatto quello che gli piaceva: nuotare. Le mie medaglie sono il mio testamento».