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 2021  luglio 22 Giovedì calendario

Il sogno della nipote di Borsellino

«Mi ricordo quando ero piccola e c’era la veglia tra il 18 e il 19 luglio, in memoria della strage di via D’Amelio. Io non riuscivo a stare sveglia fino a tardi e così mia nonna Rita mi metteva a letto prima che iniziasse la nottata, ma io le chiedevo di non raccontarmi le favole, bensì qualcosa di zio Paolo: non ho fatto in tempo a conoscerlo, ma so che era un personaggio pubblico così puro da entrare nell’intimità delle persone».
Valentina Corrao, nipote di Rita Borsellino e pronipote di Paolo Borsellino, rammenta con devozione la sua importante famiglia. Nata a Palermo 21 anni fa, è allieva del secondo anno dell’Accademia d’arte del dramma antico (la scuola dell’Inda di cui è sovrintendente Antonio Calbi) ed è tra le protagoniste di Baccanti di Euripide con la regia di Carlus Padrissa, in scena al Teatro greco di Siracusa fino al 20 agosto, e della commedia Le Nuvole, che debutterà il 3 agosto. Ma nei giorni scorsi, sulle pietre dell’antica platea, ha vissuto una serata speciale: il 19 luglio, a 29 anni esatti dall’attentato, c’era anche il presidente Sergio Mattarella per assistere alle Coefore-Eumenidi: dove, nel finale, compaiono su uno schermo i volti di varie vittime di stragi e l’ultima era una foto di Borsellino. «Io non recito nelle Coefore, ma ho avuto l’onore di incontrarlo – spiega Valentina —. Ho provato una forte emozione nel rappresentare la mia famiglia. Mattarella era molto amico della nonna». 
Cosa ti raccontava tua nonna dello zio Paolo?
«Tanti aneddoti divertenti, per esempio di quando lui faceva i dispetti a mia nonna che era la sorella minore. E poi, tra fratelli e cugini, avevano l’abitudine di mordersi le guance a vicenda per dimostrare il forte affetto, un’abitudine che mio cugino Manfredi ha ancora...».
Non eri ancora nata quando è avvenuto l’attentato...
«No, ma ho frequentato molto via D’Amelio e poi ho visto le immagini in tv, ma soprattutto mi è stato tutto raccontato. Mia nonna mi diceva di essere rimasta sorpresa dal fatto che, durante il funerale di zio, c’erano persone che urlavano il suo nome, come fosse un parente. Col tempo mi sono resa conto di come sia nato un sentimento di comunità, di unione tra la gente. È importante che la mia generazione conosca quel che è successo pur non avendolo vissuto. Ciò che è avvenuto nel 1992 coinvolge tutta la società, non solo noi siciliani. Ed è necessaria una revisione dei programmi scolastici: i bambini devono sapere. Proprio per questo mia nonna per la manifestazione del 19 luglio faceva una cosa particolare».
Quale?
«Metteva le sedie lungo via D’Amelio non solo per gli adulti, ma anche per i loro figli e faceva giocare i più piccoli in quella strada. Lei affermava che ai bambini è difficile spiegare certe cose, per loro è più facile imparare mentre giocano. Lo stesso modo in cui l’ho imparato io. Nonna la definiva “memoria operante che si rinnova ogni giorno”, per lei un impegno costante e ora è il nostro».
Com’è nata la passione per il teatro?
«Ho sempre amato cantare, ballare, fare la buffoncella: nonna si divertiva molto alle mie performance. Ed è stata proprio lei che, quando ho terminato il liceo, mi ha spronato a seguire il mio istinto... diceva che ero tagliata per fare l’attrice, che non dovevo reprimere la scintilla in me. Così prima mi ha fatto fare un po’ di allenamento in una piccola compagnia di un suo caro amico, poi ho fatto un provino all’Accademia e sono qui, vedremo...».
C’è un personaggio che un domani vorresti interpretare?
«Ce ne sono due: Cassandra e Ifigenia. La prima perché, pur avendo il dono di predire il futuro, non viene mai creduta. La seconda, perché si sacrifica accettando nobilmente il suo destino di morte. Due tragedie che mi ricordano quella di zio Paolo».