il Giornale, 20 luglio 2021
Intervista a Marcell Jacobs
Veloce. Determinato. Ambizioso. Marcell Jacobs è il primatista italiano sui 60 e 100 metri, due record conquistati nei primi mesi del 2021. Texano di nascita, El Paso, cresciuto con la madre a Desenzano del Garda, a 26 anni affronta la sua prima olimpiade sull’onda dell’entusiasmo e con un altro piccolo record nell’atletica a cinque cerchi: ha tre figli. «Jeremy, Antony e Megan» dice con orgoglio, «rapporto bellissimo, cerco di vivermeli al massimo nonostante sia sempre in giro...».
E adesso Tokyo. Come ti senti?
«Mentalmente molto bene, per come sono andate le ultime gare. Mi sono confrontato coi più forti al mondo. Fisicamente anche, tutto ok».
Tra le ultime due tappe della Diamond League di Stoccolma e Monte Carlo sei migliorato di 6 centesimi (10’’05 – 9’’99) in meno di una settimana. Obiettivo a Tokyo?
«Non sono due piste molto veloci, a Stoccolma avevo un metro di vento contro, a Monte Carlo non ce n’era proprio. Il secondo tempo è il riferimento. Arrivato a questo punto però ho dimostrato che posso correre forte sempre, in cinque gare per due volte sono andato sotto i 10’’... All’Olimpiade il tempo non è la cosa più importante, conta mettersi dietro più avversari e passare più turni possibili. E automaticamente il tempo arriva».
Senza un vero favorito sui 100 metri, chi temi di più?
«I due americani, Baker e Bromell, hanno fatto vedere di poter combattere per il titolo alle Olimpiadi, anche se Bromell a Monte Carlo l’ho battuto. Nei 100 metri non c’è più il Bolt della situazione, il favoritissimo, con gli altri che si giocano il secondo posto. Siamo tutti allo stesso livello, basta che uno faccia un errore e può perdere, non c’è grande divario tra uno e l’altro. Basti pensare che il favorito numero 1 alle Olimpiadi (Bromell, ndr), a Monte Carlo è arrivato quinto perché partito male e quando ce la si gioca tutti in pochi centesimi non puoi sbagliare nulla».
In Diamond League ti sei messo alle spalle atleti con personali migliori dei tuoi. Pronto a ripeterti?
«Ad una Olimpiade tutto cambia, ma ti dico di sì. Certo, possono sbagliare loro come posso sbagliare io. Cercherò di farlo il meno possibile, contando che da inizio stagione non ho ancora fatto una gara perfetta, ho sempre commesso dei piccoli errori, nella parte iniziale o finale, per cui ho dei margini. Sì, posso tenerne dietro alcuni, assolutamente sì».
Dopo Stoccolma ti sei dato un 8,5 come voto. Cosa ti manca per arrivare al 10?
«Il primo motivo è che non avevo vinto. Il secondo è che nel finale mi sono concentrato più sugli avversari che su di me. Ho fatto 3/4 della gara davanti, e quando ho visto che stavo facendo quello che dovevo ho perso il ritmo, e mi sono focalizzato sull’avversario. Per arrivare al 10 bisogna scendere sotto i 10’’ senza sbagliare nulla. A Monte Carlo invece ho peccato in partenza, nella reazione, rispetto agli altri ho perso 4-5 centesimi solo lì».
A Savona hai firmato il record italiano con 9’’95 alla prima gara dell’anno.
«La prima è stata la migliore dell’anno per adesso, ma rimangono comunque tante cose da sistemare. Da lì in poi non ho più trovato una pista così veloce e con un vento così alle spalle. Anche questo ha influito».
Quel giorno hai detto: «Ho raggiunto l’equilibrio perfetto».
«Con il mio allenatore prima ci allenavamo a Gorizia, ma avevamo poco a disposizione. Ci siamo spostati a Roma per creare un team intorno a me. Poi la famiglia. Per me conta stare bene a casa, avvertire serenità prima e dopo l’allenamento, una serie di cose positive che mi hanno dato un equilibrio, con cui ora riesco a rendere al massimo».
Hai tolto il record italiano sui 100 metri a Filippo Tortu (9’’99). Il vostro rapporto? Farete anche la staffetta insieme.
«Al di fuori della Nazionale o delle gare non ci sentiamo però abbiamo un buon rapporto, sia come compagni sia come avversari, ma finisce lì».
Ecco, il team azzurro a Tokyo.
«Noi della staffetta siamo super carichi e positivi, abbiamo tanta voglia di fare bene. Nel complesso secondo me siamo un bel gruppo, molto numeroso, perché hanno voluto premiare tutti quelli che sono riusciti a qualificarsi anche se molto giovani, e per loro sicuramente sarà un’esperienza emozionante. C’è tanta voglia di dimostrare di poter far bene».
L’Italcalcio campione d’Europa.
«Non seguo tanto la Serie A, ma mi piace guardare la Nazionale. Sono andato anche allo stadio quando hanno giocato a Roma. Li rispetto molto. È partita un’onda positiva per l’Italia nello sport ma non solo. Gli Azzurri del basket si qualificano per Tokyo, i Maneskin vincono l’Eurovision. Ci sono tanti fattori positivi che fanno pensare che potremo realizzare qualcosa di importante alle Olimpiadi».
Sei nato in America, ma fin da piccolissimo ti sei trasferito in Italia con tua madre, a Desenzano del Garda. Che effetto ti farà difendere i colori azzurri, gareggiando col tricolore sul petto?
«È un grande onore. Le pressioni che si creano per tanti sono delle responsabilità pesanti, per me ripagano del lavoro che ho fatto. Le fatiche, gli infortuni, le ore di allenamento, a questo punto è solo bello».
Il razzismo nello sport.
«Quando un atleta sale sul podio porta gloria alla bandiera del suo Paese, il colore della pelle non ha alcuna importanza né ai suoi occhi né a quelli del pubblico. Lo sport oggi come oggi è un grande motore di inclusione, per tutti noi atleti azzurri che proveniamo da Paesi diversi ma restiamo italiani».
Hai saltato le Olimpiadi del 2016 per un infortunio, quando ancora gareggiavi anche nel salto in lungo.
«Avrei comunque fatto un’Olimpiade tanto per partecipare, senza godermi l’esperienza, perché non ero ai livelli di chi ha vinto. Mentre ora ci vado con un’idea e degli obiettivi del tutto diversi».
Sa di promessa.