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 2021  luglio 17 Sabato calendario

Vento di censura


Quando guardo una biblioteca, vedo tanti libri che oggi incontrerebbero difficoltà a essere pubblicati, anche se hanno influenzato in modo decisivo il mio gusto per la letteratura. Com’è possibile che lo spirito di insolenza e di libertà abbia ceduto il passo a una nuova censura? La parola “censura”, ancora fino a poco tempo fa, era bandita dal vocabolario di uno scrittore. Si citavano volentieri i due esempi più famosi, che erano l’interdizione di certe poesie dei Fiori del male e il processo che dovette affrontare Flaubert per Madame Bovary.
La requisitoria di Ernest Pinard, il pubblico ministero, per lungo tempo è apparsa come il non plus ultra dell’imbecillità critica, soprattutto per il suo commento di una frase di Flaubert che riporta, in stile indiretto libero, i pensieri della sua eroina.
In questi ultimi tempi, in Francia e in parecchi altri paesi, è tornato a soffiare un vento di censura. La rivoluzione degli anni ’70, che aveva messo fine all’oscurantismo responsabile delle difficoltà editoriali di D.H. Lawrence o di Nabokov, oggi viene presentata come un episodio effimero di “lassismo”. E va di moda tornare a una maggiore severità, esaminando da vicino il rapporto che intercorre fra ciascun autore e ciascuna narrazione (considerata necessariamente come l’espressione diretta del suo pensiero e perfino della sua etica) e la morale, e la pedagogia. Il caso di Gabriel Matzneff è stato il punto di partenza di una vera e propria caccia alle streghe che ha preso di mira tutti quegli scrittori accusati di scelte sessuali che non sono quelle della maggioranza. Una delle ex giovani amanti di Matzneff, Vanessa Springora, a trent’anni di distanza è tornata su quella relazione, che presenta, in un libro inquietante ( Il consenso, pubblicato in Francia nel gennaio del 2020 e in Italia nel 2021, per La nave di Teseo), di volta in volta come una passione condivisa e come un “dominio” da parte di un uomo più che maturo (50 anni) su un’adolescente resa fragile da una situazione familiare deleteria. La gigantesca campagna di stampa che ha accompagnato la pubblicazione del libro è stata ben presto seguita da una richiesta di censura a carico di tutta l’opera passata di Matzneff, o quantomeno dei suoi diari intimi, dove lo scrittore non nascondeva la sua predilezione per le ragazze giovanissime. Da notare che, in trent’anni, nessuna lo aveva mai denunciato. Ma venivano anche citati dei passaggi di un diario in cui l’autore raccontava dei suoi incontri alle Filippine con delle prostitute bambine. Quelle pagine di diario, che in effetti possono essere considerate sconvolgenti, sono bastate per colorare di nero l’insieme delle sue opere, suscitando immediate richieste di censura. Ma pur comprendendo la massima riprovazione per le sue azioni, cosa ci autorizza a trasformare una confidenza in un incitamento a essere approvati e imitati?
Le opere di Tony Duvert fanno un’apologia esplicita della libertà di rapporti sessuali con i bambini. L’autore è morto nel 2008, in uno stato di grave degrado e dimenticato da tutti. Ma i suoi libri rimangono, così come quelli di François Augiéras, di Michel Tournier, di Umberto Saba e di Sandro Penna, o della stessa Isola d’Arturo, che secondo queste nuove norme morali non troverebbero più un editore. Senza parlare di Amado mio, di Pasolini.
Pasolini, giustappunto. Il programma del concorso per diventare professori di scuola superiore ha per tema “il sonetto” e annovera, in mezzo a Elizabeth Browning e Pablo Neruda, la raccolta postuma che Pasolini aveva spedito al suo amico Ninetto Davoli. Un’orda di benpensanti ha protestato, scagliandosi non contro il contenuto delle poesie in sé (da un adulto a un altro adulto), ma – ancora una volta e 45 anni dopo la sua morte! – contro il passato di Pasolini e i suoi amori giudicati illeciti con degli adolescenti. Il libro viene condannato perché è stato deciso che il suo autore è condannabile. Esattamente come le #MeToo che boicottano i film di Polanski per ostilità a cose che ha fatto il cineasta in passato. Eppure il discorso indiretto libero (che per Pasolini era l’indice stesso della tonalità poetica, tanto in letteratura quanto al cinema) è la porta attraverso la quale qualsiasi creatore riesce a sfuggire al tempo stesso ai limiti della sua personalità e a quelli della vita “oggettiva”. È la porta dell’immaginazione, dove la morale non si deve intromettere. Un romanzo non è un manuale di buona condotta.
Per una sorta di contagio del successo, un altro libro, stavolta di Camille Kouchner, La famiglia grande (pubblicato anche questo da La nave di Teseo), seguendo lo stesso principio della confidenza-requisitoria, demolisce un personaggio noto delle scienze politiche, il suo patrigno Olivier Duhamel, accusandolo, anche in questo caso a distanza di trent’anni, di aver costretto il suo fratello gemello adolescente a dei rapporti sessuali, nonostante il diretto interessato non abbia protestato né sul momento né negli anni che sono seguiti. A prescindere dalle motivazioni psicologiche e giudiziarie della romanziera, è desolante che abbia scelto la letteratura per far ascoltare la sua voce. Intendo dire che è un peccato che la letteratura venga distolta dalla sua autentica funzione, che non è quella di entrare in un tribunale e produrre un corpo del reato. Giustizia e letteratura non sono mai andate granché d’accordo. Bisogna saper scegliere. Quando si vuole fare una denuncia si va in un commissariato o da un avvocato, non da un editore. E inversamente, quando si disapprova il contenuto di un libro non è alla censura che bisogna far ricorso.
Non tutto è degno di essere scritto, non tutto è degno di essere pubblicato, obbiettano i moralisti. Sì, sicuramente è così, alcuni testi sono contestabili, così come alcuni comportamenti sono riprovevoli. Ma da una parte si deve considerare che ciò che viene scritto e pubblicato non è necessariamente la traduzione trasparente e diretta del pensiero e del modo di vivere dell’autore (perché allora non c’è più Dostoevskij e siamo nel regno di Mary Poppins) e dall’altra parte non si deve dimenticare che leggere un libro non significa essere obbligati a condividere le opinioni che ci troviamo dentro (anche se fossero direttamente quelle dell’autore). La censura presuppone che esista una comunione fra i personaggi, gli autori, i lettori e i cittadini, talmente fragili che la presenza di un libro può precipitarli nel disorientamento più totale, in un caos suscettibile di minacciare l’ordine pubblico. Insomma, tanto vale passare direttamente al capitolo seguente, che è Fahrenheit 451.
(Traduzione di Fabio Galimberti)