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 2021  luglio 17 Sabato calendario

Reportage a Pepinster, dove le strade sono ruscelli


PEPINSTER (BELGIO) — A Pepinster si sente soltanto lo scrosciare dell’acqua. La gente svuota le case, libera i magazzini, spala il fango. Ma non dice una parola. Una intera vita, per molti di loro, viene rinchiusa in un sacco nero di plastica. Nella speranza che almeno quello si salvi.Parlare diventa una fatica superflua. «Che cos’altro posso fare – allarga le braccia Fabius mentre tira fuori quel poco che è riuscito a mettere in sicurezza – ero tornato nel mio paese dopo 24 anni di lavoro a Bruxelles. Ed ecco...una maledizione». Questa cittadina di poche migliaia di abitanti a una trentina di chilometri da Liegi e a circa 140 a sud di Bruxelles, sta diventando il simbolo dell’alluvione. Nel cuore della Vallonia, la zona francofona del Belgio. Dove nessuno si sogna di parlare il fiammingo. La sua bellezza si è trasformata nella sua «maledizione». Un termine che ricorre ad ogni passo. Pepinster si trova infatti in una gola. Ma soprattutto è circondata da due fiumi: Hoegne e Vesdre. Per secoli sono stati una delle risorse principali di quest’area. Acqua e agricoltura. Acqua che poco più in là, solo una manciata di chilometri, diventa addirittura minerale. Sgorga in una delle fonti termali più famose d’Europa: Spa. La cittadina che ormai è sinonimo di centro benessere, di idromasssaggio. Quei due fiumi, però, stavolta non hanno avuto nulla che si avvicinasse ad una ricreazione. Hanno stritolato le strade in una tenaglia di cascate.La strada principale, il corso, è di fatto un terzo fiume. La chiesa in stile gotico è circondata da un lago. La sede del Comune è assediata dai detriti che l’onda di piena a sparso in ogni punto. Persino il monumento ai Caduti della Seconda Guerra mondiale che gli abitanti considerano il centro cittadino è insultato dal fango, sfregiato da tronchi e deturpato dalle buste di plastica. Davanti al Municipio un altro monumento. Più recente. Eretto dai bambini. È incisa la loro preghiera rivolta agli adulti. «Uniamo le nostre forze», è la frase conclusiva. Mai come in questo momento quelle quattro parole risuonano come un indispensabile appello. Anche se le ruote di una vettura minacciano dall’alto quella piccola scultura piena di colori.«Eppure – scuote la testa un anziano signore che riesce ad uscire di casa e attraversare la strada con l’acqua fino al petto solo grazie all’aiuto di una assistente della protezione civile – non era mai successo. Mai, mai, mai...». E ancora: «È una maledizione». Eppure quel «mai» ha provocato adesso già venti morti. E i dispersi sono altrettanti.Non c’è una abitazione, un negozio, un ufficio che non sia stato devastato dalla furia dell’acqua. Il ristorante più chic, “Le Pepin”, assomiglia ad un relitto. Il dehor esterno ad una barca alla deriva. Si sono salvate solo le ville – quelle più belle – che si trovano in cima alla gola. Sulla strada che porta al Forte. Il secondo monumento cittadino. Il ricordo indistruttibile della resistenza contro l’invasione nazista. Il cartello all’ingresso recita: «Visite consentite d’estate». Sembra quasi un paradosso.Il tempo offre una tregua. Ma nessuno se ne accorge. Tutti si muovono come se fossero i sassolini sbatttuti di una risacca. Pepinster, del resto, è per così dire l’epicentro dell’alluvione. Lo si capisce già dal mattino. Polizia, vigili del fuoco, protezione civile, volontari. Ma anche un gruppetto di agenti in completo grigio e mocassini che subito cedono alla violenza del fango. Sono le guardie reali. E infatti nel primo pomeriggio arriva persino il Re e la Regina di Belgio. Philippe e Mathilde percorrono a piedi solo il primo tratto della strada principale. Non possono andare oltre. Si fermano a parlare con chiunque abbia tempo e voglia. La scorta è presente ma discreta. Poche auto, pochissime sirene. Ma nello sforzo dei monarchi non contano le loro parole di incoraggiamento. Sono i i volti dei cittadini a trasmettere il senso vero di quel che accade. Scambiano due parole con quella coppia vista solo in tv. Se però sono venuti anche loro – è il significato delle smorfie che compaiono sulle facce dei sopravvissuti – vuol dire che la situazione è proprio brutta.Due ragazi restano distanti. Hanno messo in piedi un piccolo banchetto: acqua, pane, salsicce. «Noi – dicono Michel e Antoine – non siamo di qui. Abitiamo sulla costa. Ma volevamo dare una mano. Questo lo abbiamo portato per aiutare. Se serve torniamo anche domani». Dalla chiesa escono una ventina di ragazzi. Prendono tutti la bicicletta per perlustrare la zona. «Vediamo se qualcuno ha bisogno di noi». Uscendo da Pepinster, infatti, si assiste al medesimo panorama di desolazione. Che arriva fino in Olanda dove un diga sta per crollare. A Nessonvaux, a cinque km da Pepinster, il borgo è spaccato in due. Il ponte non si può attraversare. A Fraipont, il fango arriva alle ginocchia. Ed è quasi peggio dell’acqua.La situazione non cambia nelle due cittadine che in questa regione vengono considerate le “stelle”. Quelle più rinomate. Theux e Spa. Qui inizia il turismo delle Ardenne del Belgio. Soprattutto quello termale. L’agente della municipale che blocca il passaggio alle auto per entrare nel centro di Spa è rassegnato. «A questo punto non so più quando ci reprenderemo. Una maledizione». Appunto, una «maledizione». L’unica espressione che tutti i valloni da ieri ripetono. Anche dopo che il Re e la Regina se ne sono andat i via.