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 2021  luglio 16 Venerdì calendario

Anche Biden una tassa sull’import dai Paesi che inquinano

L’America insegue l’Europa sulla carbon tax alla fontiera, il dazio ambientalista. Nella legge di bilancio presentata dai democratici al Congresso compare per la prima volta la “carbon border tax”. Ricalcato sul modello europeo, questo dazio ambientalista vuole penalizzare prodotti che provengono da Paesi con alte emissioni carboniche. Il bersaglio principale è la Cina. La convergenza Usa-Ue può dare a questo nuovo strumento un impatto notevole. È un primo frutto della sintonia tra Joe Biden e la Commissione europea sul terreno della sostenibilità. Perfino la tempistica contiene un messaggio simbolico. Il testo della legge di bilancio presentato dalla maggioranza democratica alla Camera di Washington è uscito a poche ore di distanza dal Green Deal europeo. In questo caso sono gli americani che sembrano preoccupati di sottolineare l’armonia con gli europei, anche a costo di accelerare i tempi. Mentre il Green Deal di Bruxelles è definito in dettaglio, all’interno di un documento di 290 pagine che include la “carbon border tax”, sul dazio verde americano per ora si conosce solo la volontà politica d’introdurlo. Il contesto, è la legge finanziaria da 3.500 miliardi di dollari che la maggioranza democratica spera di approvare. Questa finanziaria contiene anche altre misure in favore dell’ambiente: nuovi limiti alle emissioni carboniche delle centrali elettriche, nuovi sgravi fiscali per le energie rinnovabili, nuovi incentivi per l’auto elettrica.Il dazio verde è forse il più problematico dei provvedimenti previsti nella legge di bilancio. In linea di principio si presta ad essere contestato dai Paesi che ne sarebbero le vittime designate, come la Cina. Poiché l’economia cinese è la maggiore fonte al mondo di CO 2(ne genera il doppio di quella americana), il contenuto carbonico di molti prodotti made in China si presterebbe ad essere colpito dal dazio ambientalista. Pechino potrebbe contestare la legittimità di questa tassa in sede all’Organizzazione mondiale del commercio. Tuttavia, se la “carbon border tax” venisse introdotta congiuntamente da Unione europea e Stati Uniti, il peso politico dei due attori renderebbe più difficile contrastarne l’introduzione.Altre obiezioni riguardano l’applicazione concreta della “carbon border tax”. Essa presuppone la capacità da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti di misurare l’effettivo contenuto di inquinamento carbonico che c’è dietro le produzioni di altri Paesi, per esempio l’acciaio cinese o indiano. Anche calcolare il valore del dazio, in modo che sia proporzionale al danno arrecato all’ambiente, non è così facile. Sono temi già noti per quanto riguarda altri tipi di carbon tax, che non a caso hanno avuto iter difficili. In America attualmente non esiste alcuna carbon tax né c’è il progetto d’introdurla per le produzioni interne. Ma i parlamentari democratici che sostengono il dazio verde non fanno mistero della loro speranza: che non sia applicato in modo massiccio, bensì serva da deterrente e incentivo per costringere i cinesi ad adeguarsi agli stessi standard ambientalisti delle economie occidentali. L’ideale, dicono i promotori, sarebbe una “carbon border tax” inapplicata perché superata dalle riduzioni di CO 2 anche nei grandi inquinatori come la Cina.Sul piano politico la sintonia tra l’Amministrazione Biden e Bruxelles è evidente anche in un altro gesto. L’Unione europea avrebbe accolto la richiesta americana di rinviare la digital tax, per affrontare prima l’armonizzazione fiscale tra le due sponde dell’Atlantico sulla global minimum tax, la tassa globale minima per le multinazionali.