La Stampa, 16 luglio 2021
La rivolta del Suafrica
Johannesburg. Del fumo scuro si alza da una fabbrica chimica dove non si è ancora spento del tutto l’incendio appiccato nel fine settimana, mentre a Durban, il porto più trafficato del Sud Africa, nella provincia di KwaZulu-Natal, sono scoppiati saccheggi e sabotaggi su larga scala. La scorsa notte mentre alcune comunità iniziavano a raccogliere la spazzatura e i vetri in frantumi dentro e intorno ai centri commerciali e ai negozi, la contabilità di sei giorni di scontri ha raggiunto quota 117 vittime, gli arresti sono 2203. Sono state le sommosse più estese da quando il paese è diventato una democrazia non razziale, nel 1994.
Le rivolte si sono estese fino alla capitale economica, Johannesburg, e alla vicina Pretoria, ma le forze dell’ordine, con l’aiuto di alcuni membri della comunità, sono riuscite solo a limitare gli attacchi a meno di una dozzina di centri commerciali. Ma a Durban la polizia sembrava completamente sopraffatta e incapace di fermare i saccheggiatori, alcuni dei quali attaccavano i centri commerciali in auto. «La paura è così stressante, basta vedere quanto terrore c’è negli occhi della gente – osserva John Steenhuisen, leader del più grande partito di opposizione, l’Alleanza Democratica -. Le persone sono arrivate al limite».
Martedì ha visitato Phoenix, una comunità di origine prevalentemente indiana in cui è dilagata la violenza razziale e i residenti armati di pistole e mazze hanno inseguito per lo più persone di colore che sospettavano essere saccheggiatori. «Ho visto sette cadaveri, abbandonati per strada, e nessuno li ha raccolti. In una zona residenziale, perfettamente normale, che ho attraversato molte volte in occasione delle visite al mio collegio elettorale, ed è stato orribile – ha detto -. Le comunità cercano di mantenere la posizione per fermare l’illegalità più assoluta. Avevano mazze da golf, un ragazzo agitava un arpione, qualunque cosa riuscissero a trovare, solo per respingere. C’era una completa assenza di qualsiasi risposta coordinata della polizia».
I disordini hanno iniziato a diminuire d’intensità dopo che mercoledì il governo ha annunciato che avrebbe schierato l’esercito, circa 25.000 soldati, per dare man forte alla polizia. Che in molti casi è rimasta a guardare mentre i saccheggiatori svuotavano prima i negozi di liquori e poi interi centri commerciali. La vendita di alcol è vietata a causa della terza ondata di Covid-19 e il governo ha imposto il lockdown. Le violenze erano iniziate venerdì scorso dopo che l’ex presidente Jacob Zuma, originario del KwaZulu-Natal, è stato incarcerato per aver ignorato un ordine del Tribunale che lo obbligava testimoniare in un’inchiesta sulla corruzione all’epoca della sua presidenza, dal 2009 al 2018. Miliardi di rand sono stati sottratti dai suoi fedelissimi a imprese statali come l’azienda elettrica Eskom. Ciò ha portato a regolari blackout e a elevate tariffe energetiche.
I sostenitori dell’ex presidente populista hanno iniziato a dare fuoco ai camion che trasportavano merci da e per il porto di Durban, provocando la chiusura dell’autostrada N3. Fino a ieri non c’erano ancora piani chiari per la sua riapertura per consentire il ritorno dei rifornimenti di cibo e altre merci nella provincia. Ieri centinaia di persone erano in coda per entrare nei pochi supermercati che avevano ancora merce e le stazioni di rifornimento erano a corto di carburante. Alcune aziende hanno iniziato a distribuire gratuitamente pane e latte nelle loro comunità. Anche la campagna governativa di vaccinazione contro il Covid si è interrotta poiché le farmacie e le strutture mediche sono state saccheggiate e i vaccini rubati.
Diverse organizzazioni hanno espresso timori per una crisi umanitaria a Durban e dintorni, dove vivono più di quattro milioni di persone. «La provincia si trova a dover fronteggiare insicurezza alimentare, sfide infrastrutturali, tensione e disagio razziale», afferma Xolani Dube dell’Istituto Xubera, un centro studi che ha sede nella provincia. I leader del governo affermano che le rivolte iniziali sono state attentamente orchestrate da ex agenti dell’intelligence ancora fedeli a Zuma, ma in seguito si sono allargate quando centinaia di poveri si sono uniti alla follia dei saccheggi. Solo uno dei 12 organizzatori identificati dalla polizia è stato arrestato, mentre gli altri sono ancora a piede libero. Due degli oltre 20 figli del poligamo Zuma, i gemelli Duduzile e Duduzaniso, hanno alimentato l’insurrezione sui social media dopo l’arresto del padre, ma non è chiaro se siano tra i sospettati.
Da diversi anni le condizioni del Sudafrica sono ormai mature per una grande protesta, afferma Bheki Mahlobo, analista e ricercatore economico presso il Center for Risk Analysis di Johannesburg, che aggiunge: «La maggior parte delle persone che abbiamo visto in azione per le strade durante i saccheggi fa parte degli esclusi dall’economia sudafricana».
Undici milioni di sudafricani, su una popolazione totale di circa 60 milioni, sono disoccupati e per la maggior parte giovani, mentre la metà degli abitanti vive sotto la soglia di povertà. «La maggior parte sta rinunciando a qualsiasi speranza di occupazione, perché le opportunità di lavoro sono in declino». La crescita economica ha rallentato sotto la presidenza di Zuma e ha iniziato a riprendersi solo quando è diventato presidente Cyril Ramaphosa, nel 2018. Ma ha subito un’altra battuta d’arresto durante la pandemia di Covid e all’inizio di quest’anno si attestava solo all’1,1%. Gli economisti prevedono che gli oltre 15 miliardi di rand (873 milioni di euro) di danni causati dalle recenti rivolte e gli oltre 200 mila posti di lavoro persi, bloccheranno questa crescita. Negli ultimi dieci anni si è registrato un numero crescente di proteste, principalmente a causa della scarsa fornitura di servizi da parte di un governo sempre più corrotto e dell’aumento della povertà.
«Ci sono state azioni di protesta ogni giorno, al punto che quasi non fanno notizia -, dice Mahlobo -. La gente non ha alcun reddito». Recentemente il governo ha anche smesso di pagare il sussidio mensile per il Covid di 350 rand (20 euro) su cui molte persone facevano affidamento per comprare da mangiare. «E questo li ha lasciati in una situazione molto disperata», sottolinea Mahlobo. Anche se si aspetta che le rivolte si attenuino entro una o due settimane, si intensificheranno a lungo termine poiché il governo lotterà per affrontare la disoccupazione e la stagnazione dell’economia. Intanto, a Durban, i residenti, sollevati per il dispiegamento dell’esercito, si chiedono quanto ci vorrà per tornare alla normalità. «Solo la settimana scorsa passeggiavo sulla spiaggia -, dice un uomo d’affari locale -. Oggi mi preoccupo solo di tre cose: cibo, carburante e munizioni. Non so quanto andrà avanti ancora». —