Avvenire, 16 luglio 2021
In dieci anni 46 miliardi di tasse in più sulle famiglie
Balzo della povertà, ma anche forte aumento del risparmio privato. I paradossi di un anno drammatico e anomalo come il 2020 attraverso le cifre offerte dall’Osservatorio dei commercialisti italiani, che registra 333mila famiglie in più finite sotto la soglia della povertà assoluta, nonostante i massicci stanziamenti statali messi in campo: un andazzo che ha colpito relativamente di più il Nord, i nuclei con minori e quelli con stranieri. Intanto durante la pandemia è ripresa a salire anche la pressione fiscale sulle famiglie, arrivata l’anno scorso al 18,9% del Pil (+1%), mentre quella generale è arrivata al 43,1% (+0,7 punti). Se poi si allarga lo sguardo all’ultimo decennio, si evidenzia come dal 2011 il Pil sia aumentato di soli 2,8 miliardi di euro, mentre il peso delle tasse sulle famiglie abbia segnato un salto di 46 miliardi: +2,8 punti rispetto al 1 di tutte le altre entrate fiscali. Su questo fronte pesano i risultati già negativi del 2019: il passo indietro dell’ultimo biennio – spiega la ricerca – ci riporta agli anni dello shock fiscale seguito alla crisi del debito sovrano del 2011. Con un effetto finale fortemente sbilanciato dal lato delle famiglie che, a conti fatti, hanno sopportato interamente il peso degli aggiustamenti di bilancio. A salire nel decennio sono stati soprattutto il gettito dell’Irpef (+7,2%) delle addizionali locali e dell’Imu (+120%). Tra crisi economica e tassazione «dal 2003 al 2018, il reddito medio degli italiani in termini reali ha perso l’8,3% del suo valore». «Da questa analisi – ha affermato il presidente del Consiglio Nazionale dei Commercia-listi, Massimo Miani – risulta evidente come le famiglie italiane hanno pagato e continuano a pagare un conto salatissimo a causa degli squilibri macroeconomici e di finanza
pubblica del nostro Paese. La riforma fiscale deve farsi carico di questa problematica». Tornando all’anno della pandemia, le famiglie povere sono aumentate del 20% rispetto al 2019. Ha pesato la perdita del lavoro o la riduzione del reddito che ha prodotto un calo dei consumi, il parametro su cui viene calcolata la povertà. Tuttavia mentre aumentava il numero delle famiglie in difficoltà l’intensità della povertà, cioè la distanza dalla soglia, si riduceva (dal 20,3 al 18,7%). Il crollo forzato dei consumi durante i lockdown che ha riguardato tutte le famiglie, anche quelle non povere o benestanti, ha fatto sì che il risparmio sia cresciuto di ben 83,4 miliardi, con un aumento dell’88,3% rispetto all’anno prima. Mentre il Pil crollava di circa 140 miliardi il reddito delle famiglie si è ridotto di ’soli’ 32 miliardi anche grazie al maxi-supporto dei trasferimenti pubblici (+37 miliardi). Ma ciononostante i consumi sono precipitati di 160 miliardi: l’effetto combinato di chi aveva ben poco da spendere e di chi ha potuto risparmiare. La pandemia ha dunque colpito tutti ma anche accentuato le disuguaglianze.