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 2021  luglio 16 Venerdì calendario

La Spagna è il più grande bordello d’Europa

Dire che la prostituzione è un enorme business in Spagna è un grossolano eufemismo. Il Paese è il più grande “bordello” d’Europa, quello che richiede più donne e adolescenti come schiave sessuali, il terzo al mondo per consumo di sesso a pagamento dopo Thailandia e Portorico. Uno spagnolo su quattro in età adulta – il 39% secondo l’ultimo report dell’Onu – ha pagato almeno una volta nella vita per avere rapporti sessuali. E quasi 8 su 10, in un rilevamento nel 2006, già consideravano la prostituzione «inevitabile», cioè un’attività normalizzata fra le altre del tempo libero. Una percezione culturale che ha contribuito a fare del Paese un hotspot di origine, transito e destinazione del traffico sessuale globale. Con centinaia di club de alterne (ipermercati del sesso autorizzati) entrate stimate da Europol in 32 miliardi di euro annui, e una forza lavoro valutata in 300mila persone, di cui il 90% donne e straniere e il 10% minorenni. Nelle mani delle mafie.
Cifre da brivido. Eppure, come in Italia, la prostituzione è in un limbo legale: prostituirsi non è un reato e non è un’attività lavorativa regolamentata, anche se sono puniti penalmente la tratta, lo sfruttamento e attività connesse. Per gli investigatori ardue da provare, per l’imprescindibile e difficile collaborazione delle vittime, sulle cui spalle ricade l’onere della denuncia. «Chi pensa che il
sex worksia un lavoro liberamente scelto è un illuso. È la schiavitù del XXI secolo», dice ad AvvenireRocío Mora, fondatrice dell’Asociación para la prevención, reinserción y atención a la mujer prostituta (Apramp), che offre appoggio integrale alle vittime della tratta sessuale. «L’industria del sesso trae profitto dalla vendita di donne schiacciate da un debito impossibile da saldare, da violenza e coercizione, minacce di morte ai familiari, che rendono molto complicato uscire dal circuito», rileva. Regolare la prostituzione significherebbe riconoscere a questo tipo di violenza «uno status di conformità sociale, incompatibile con la giustizia e l’uguaglianza».
Opposta è la posizione di Oltras (Altre), il primo sindacato nato per far valere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso. Nel 2018 riuscì a fare un autogol al governo di Pedro Sánchez, che sulla prostituzione volontaria ha posizioni abolizioniste, ottenendo l’autorizzazione dal ministero del Lavoro. Poi revocata, con l’avvio di una battaglia giudiziaria, per annullare la costituzione del sindacato. A giugno Otras si è visto infine riconoscere dalla Corte costituzionale «la libertà sindacale conforme a
diritto». Ma «non la legalizzazione, tolleranza o penalizzazione del lavoro sessuale, che va risolta per via legislativa». Che non c’è. Fino al 2010 la legge non riconosceva nemmeno la tratta sessuale come reato. E i clienti tuttora non sono perseguiti. Anche se dal 2015 la “Ley de Suguridad Ciudadana” prevede multe per chi paga servizi sessuali in zone dove ci sono minori. In 50 città i sindaci hanno adottato ordinanze contro la prostituzione. Nel caso di Barcellona con sanzioni fino a 3mila euro ai clienti e alle prostitute, che però finiscono con l’essere le uniche penalizzate, secondo uno studio della locale Università.
Per frenare un fenomeno al quale vari governi hanno promesso soluzioni, finora senza esito, l’ex vicepremier socialista Carmen Calvo ha annunciato a marzo una legge, prevista dall’accordo di governo fra Psoe e Unidas Podemos (UP). Intanto anche la ministra Irene Montero (UP) annunciava una normativa in materia. Le iniziative seguono le direttrici del Patto di Stato contro la violenza di genere votato da tutti i partiti nel 2017. Il Pp parla di «disincentivare la domanda», il Psoe punta ad «abolire la prostituzione». Un punto controverso sul quale i due partiti cercano di trovare un’intesa. La ministra Montero, delegata dal governo, è cosciente della complessità del dibattito, che divide le femministe. Ad esempio, la sindaca di Barcellona, Ada Colau, affine a Podemos, è favorevole alla legalizzazione, come il 70% dei votanti socialisti e 6 donne su 10. Sulla stessa linea, il liberale Ciudadanos, che guarda al modello di Germania, Paesi Bassi o Svizzera, per «combattere le mafie e regolarizzare la situazione di chi esercita la sua libertà sessuale e senza coazioni». I piani della Montero non puntano a perseguire i clienti, sull’esempio svedese ma ad accelerare la futura legge di “Libertà sessuale” all’esame del Parlamento che include una riforma del Codice penale per colpire “l’industria dello sfruttamento”, i proprietari dei locali in cui si esercita la prostituzione. E nel disegno di legge sulla tratta è previsto un itinerario per l’assistenza alle donne captate dalle mafie per offrire loro alternative lavorative e abitative: saranno destinati 10 milioni di euro del Recovery Fund.