Corriere della Sera, 15 luglio 2021
Intervista a Roby Facchinetti
Roby Facchinetti ha 77 anni e ben sette nipoti (altro che «Uomini soli») e ogni volta il problema è non fare confusione con i nomi. Mia, Liv, Lorenzo, Leone.
Facchinetti, sono tanti, eh.
«Sì, ma ognuno è diverso dall’altro, tutti con una forte personalità, compreso il più piccolo, Alessandro, che ha solo due anni e mezzo».
Così piccolo e con un’identità già marcata?
«Vuole scherzare? Tanto per cominciare ascolta solo i Queen e guai se gli togli la sua musica. Quando si mette all’ascolto è molto concentrato e ogni interferenza diventa un fastidio. Ma è anche furbo».
Perché?
«Lui ha perfezionato un personalissimo metodo per buggerare il nonno. Allora, io gli do un ghiacciolo, uno dei suoi dolci preferiti. Quando gli chiedo di darmene un pezzetto nemmeno mi guarda, diciamo che ignora la richiesta con eleganza. Ma quando il ghiacciolo sta per finire e lui sa che ne dovrà chiedere un altro, allora mi offre l’ultima briciola di ghiaccio colorato, con uno sguardo ruffiano».
Scafatissimo... non avrà mica preso da lei?
«Ma figuriamoci, mi mangia in un boccone. Io sono sempre stato un po’ ingenuo e ancora adesso, che sono più volte padre e nonno, sono distratto da tante cose. Penso alla musica, al tour estivo e adesso pure al libro che ho scritto per Sperling & Kupfer, Katy per sempre, che sto portando in giro per l’Italia».
I suoi nipoti sono tutti molto giovani. Ma hanno un nonno famoso, uno dei Pooh, oggi musicista che tiene concerti in tutta Italia con la sua band. Come la vivono?
«I più giovani non si capacitano del fatto se facciamo una passeggiata incontriamo una, due, tre persone che chiedono di farsi una foto con me. Non capiscono bene il perché. Poi però c’è Mia».
La figlia di Francesco e Alessia Marcuzzi, nove anni.
«Sì, lei già promette bene in campo musicale».
Davvero?
«Ma guardi, l’altro giorno l’ho chiamata al telefono. Lei mi ha detto: “Nonno, aspetta un attimo”. Si è messa al pianoforte e ha eseguito Dammi solo un minuto fino alla fine, con una intensità struggente che mi ha commosso».
Mia, la figlia di Francesco e Alessia Marcuzzi, ha 9 anni e l’altro giorno mi ha suonato “Dammi solo un minuto” con un’intensità struggente
Ci sono delle peculiarità trasmesse dai geni che è difficile ignorare o evitare.
«Sì, ma quello è talento. Certo, poi se nasci in una famiglia di musicisti e di personaggi del mondo dello spettacolo tutto diventa più naturale, ma mi creda: nei miei nipoti ritrovo dei tratti nascosti del mio carattere, per me Leone, Andrea, Charlotte e tutti gli altri sono come tanti specchi che mi restituiscono un pezzetto del mio carattere».
Ma non le chiedono mai chi erano i Pooh?
«Alcune cose le conoscono, altre semplicemente per loro non sono interessanti. Io sono il nonno, punto. Però capitano episodi divertenti come quello che è successo qualche giorno prima che chiudessero le scuole. È venuto da me Lorenzo e mi ha detto: “Nonno, sai che anche oggi a scuola abbiamo cantato Piccola Katy?».
Forse uno dei maggiori successi dei Pooh.
«Pensare che nacque per caso, quando una sera mi misi al pianoforte con le parole di Valerio Negrini, così, per gioco. Il giorno dopo Riccardo Fogli mi disse: “Dai, fammi ascoltare quello che abbiamo fatto ieri sera”. Così».
È curioso che colpisca ancora oggi i giovanissimi: il testo parla di una sedicenne che sente il bisogno di scoprire il mondo da sola.
«Mi fa molto piacere quando i miei nipoti e, in generale, tutti i giovani cantano i miei e i nostri testi. Vuol dire che alcuni dei nostri messaggi sono arrivati fin qui e resistono».
Solo quelli d’amore o quelli di ribellione?
«No, perché per esempio noi siamo stati ambientalisti negli anni in cui la questione ambientale era considerata irrilevante. Con il Wwf abbiamo fatto tante battaglie. Mi piace in particolare ricordare l’impegno di Stefano D’Orazio. Cinquant’anni fa noi già parlavamo dell’importanza degli alberi e della salvaguardia degli animali. Bene, l’altro giorno mio nipote Lorenzo mi ha sorpreso piacevolmente».
In che modo?
«Mi ha mostrato una colonia di formiche e mi ha detto: “Nonno, lo sai dove stanno andando? Dalla loro mamma, a riposare, non disturbiamole”. Per loro gli animali sono come esseri umani, i bambini sono avanti anni luce nelle convinzioni».
A proposito di diritti civili, i Pooh già nel 1976 affrontarono un tema come l’omofobia nel brano Pierre.
«È vero, ma oggi i ragazzi nemmeno ne parlano, perché per loro è scontato che ci si possa amare tra persone dello stesso sesso. Con i miei nipoti non ne parlo neanche: passerei per un matusalemme».