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 2021  luglio 15 Giovedì calendario

Intervista a Mélanie Laurent


CANNES – «Spike L ee è fantastico come presidente della giuria, fa parlare per prime le donne». Mélanie Laurent, 38 anni, una delle attrici francesi più amate dal cinema americano, appare rilassata tra una proiezione e l’altra sorseggiando un bicchiere d’acqua nel salon des ambassadeurs, in cima al Palais.
Giurata al festival di Cannes, è reduce da un anno di lavoro intenso. Si è rinchiusa in una capsula criogenetica nel thriller Oxygène per Netflix e a settembre uscirà il suo nuovo film da regista, Le bal des folles ("Il ballo delle pazze"), dal romanzo della giovane scrittrice Victoria Mas, scritto intorno agli studi condotti nell’Ottocento dal neurologo Charcot sulle donne affette da isteria. «Sto pensando già a un seguito e potrei girare anche in Italia» confida Laurent che qualche settimana fa, a Como, ha visitato una casa della famiglia Visconti. «Era sublime, ho già scritto la scena».
Ben ventiquattro film in concorso. Stanca?
«Diciamo che abbiamo un ritmo di proiezioni sostenuto ma va bene. In fondo, si tratta solo di guardare dei film: c’è di peggio».
Spike Lee dice che, per resistere, il segreto è dormire molto.
«Aiuta il fatto che questo è un Cannes poco mondano e quindi la sera ci sono poche tentazioni. Il problema è che quando vedo un film non riesco ad addormentarmi subito, è difficile staccarsi dalle emozioni».
Avete già litigato, tra voi giurati?
«C’è molto rispetto. Tutti possono esprimersi senza limiti di tempo.
Spike Lee non comincia mai dando il suo giudizio. Le discussioni, per ora, sono costruttive. Vedremo quando bisognerà decidere la Palma d’oro».
Siete una maggioranza di donne nella giuria, mentre ci sono solo quattro registe in concorso.
«Non sento davvero nessuna differenza nella giuria. E il dibattito sulle registe in concorso lo trovo un po’ stucchevole. Abbiamo, in Francia, molte cineaste forti e affermate da tempo. Negli Stati Uniti c’era forse un ritardo ma ormai vedo un’esplosione di film o serie dirette da donne».
"Il cinema è vivo”, ha detto Frémaux a proposito della selezione. Finora che impressione emerge dai film che ha visto?
«Ci sono molti film politici, impegnati, da combattimento. Ma c’è anche molta disperazione, non so se legata in modo indiretto a quello che ci sta succedendo. Ho un dovere di riservatezza e non è facile per me parlarne senza citare i titoli. Posso solo dire che fin qui non ho visto molta leggerezza, a parte in alcuni casi in cui forse è stata persino eccessiva».
L’Italia fa il tifo per Nanni Moretti. È un regista che apprezza?
«Adoro come affronta il tema della famiglia, lo fa sempre con una certa dolcezza. Come giurata non posso ovviamente parlare di Tre piani, ma confesso che mi ha fatto bene essere trasportata con lui in Italia».
C’è qualche italiano con il quale vorrebbe lavorare?
«Sono molti ma forse uno in particolare, Marco Tullio Giordana.
Di solito non vado mai al cinema di mattina, non mi piace, tranne qui a Cannes dove siamo costretti. Mi è successo solo una volta, ed era per correre a vedere il secondo episodio de La meglio gioventù».
Come costruisce il suo giudizio sui film che vede?
«I primi giorni mi ero data un metodo un po’ scolastico: prendevo molti appunti. Ora ho smesso, seguo l’istinto, anche perché ho imparato che è più interessante vedere cosa resta. Ci sono film che sul momento ho amato ma che poi non mi hanno lasciato tracce; altri che mi svegliano ancora di notte, mentre avevo pensato di non averli apprezzati.
Lascio sedimentare finché sarà il momento di votare».