la Repubblica, 15 luglio 2021
«Siamo moderati ma anche incazzati». Intervista a Luigi Brugnaro (che scende in campo con Coraggio Italia)
ROMA – Luigi Brugnaro, perché scende in campo?
«Sei anni fa, quando venni eletto sindaco di Venezia, trovai un Comune con 800 milioni di debiti e una città in ginocchio. Nel frattempo ho ridotto il debito di 80 milioni, però ho scoperto che tutta l’Italia è così».
Cos’è Coraggio Italia, un partito di centro che sta nel centrodestra?
«Sì. C’è un elettorato fluido che è in cerca di rappresentanza. E che chiede serietà, merito, competenza. Per andare in auto occorre avere la patente, nulla per diventare ministro. Abbiamo vinto l’Europeo, ma abbiamo gli stadi più vecchi di tutti. Disponiamo di 8000 chilometri di costa e importiamo il settanta per cento di pesce. Ho attività in Brasile. Ricordo lì le feste della Merkel e di Hollande con gli imprenditori locali, noi italiani ci presentiamo al massimo con un prosecco. Bisogna tornare a mettere i migliori nei posti giusti».
Davvero puntate al 20 per cento?
«Non sono un mago di numeri, ma c’è un 40 per cento che è passato per molte delusioni, dando fiducia prima a Berlusconi, poi a Renzi, quindi a Grillo».
Il suo modello è Berlusconi?
«Questa è una lettura superficiale.
Non avevo tessere di partito quando Marco Marin mi portò da lui anni fa».
Però anche lei dice di voler restituire un po’ del tanto che ha avuto.
«Faccio il sindaco gratis. Anche questa presentazione è a spese mie. Tante gente in Italia fa volontariato, o dona il sangue, perché crede in quel che fa».
Cosa pensa dei primi sei mesi di Draghi?
«È cambiato tutto. Ero abituato a Toninelli che sorvolava la Laguna in elicottero. Con Giovannini si è lavorato benissimo, e finalmente le navi non passeranno più per San Marco».
Draghi deve rimanere a palazzo Chigi o andare al Colle?
«Deve restare. Dove non so. È troppo importante».
È favorevole a un bis di Mattarella?
«È difficile chiederlo a chi ha svolto un percorso così importante e gravoso, però sarei contento se l’ipotesi di un bis fosse percorribile».
È vero che suo padre era di sinistra?
«Mio padre è comunista. Fu uno dei protagonisti delle lotte operaie nel 1968 a Marghera, nella Cisl, che era allora la vera sinistra. Mia madre è cattolicissima. Invece io sono di centrodestra».
E quali sono i suoi valori?
«Sono cresciuto in periferia, e ho avuto la libertà di fare quel che ho fatto come imprenditore.
L’ascensore sociale oggi si è inceppato. Va ripristinato.
L’Autostrada del Sole l’hanno fatta in tre anni, della Tav si discute da venti. Le pare possibile?».
Com’è diventato ricco?
«Ho sempre lavorato tantissimo.
Ho preso molte pedate prima di farcela, è salutare incappare nelle delusioni».
Anche un uomo ricco le subisce?
«Soprattutto! Non si faccia ingannare da gente che è piena di certezze, che sa tutto. In America le sconfitte vanno enfatizzate nel curriculum».
Perché gli italiani di centrodestra dovrebbero votare per voi invece che per Salvini e Meloni?
«Perché noi non cavalchiamo la paura. Il partito unico non mi appassiona, fa perdere consenso.
Noi ci rivolgiamo anche ai delusi dei Cinquestelle».
La legge Zan va approvata così com’è?
«No, va cambiata in poche parti, tipo quella che impone l’ora nelle scuole cattoliche. Una volta fatte le modifiche, andrà approvata. È sacrosanta».
È favorevole al green pass per i ristoranti?
«Non so, nei ristoranti ci va tanta gente».
Quindi no?
«Comincerei da discoteche, aerei, treni».
Qual è la sua ricetta per l’immigrazione?
«I giovani vanno formati nei Paesi d’origine, i meritevoli si potrebbero inserire in una banca dati: a quel punto, dopo avere spiegato loro le virtù civiche, verrebbero in Italia con gli aerei, non con i barconi».
Tra lei e Toti chi è il capo?
«Se legge lo statuto lo capisce».
Farà un’alleanza con il suo amico Renzi?
«Non è mio amico. Ha fatto molti errori, e li ha pagati più duramente di quel che meritava. È un uomo di grande capacità».
Qual è il suo messaggio agli italiani?
«Siamo moderati ma anche incazzati».