Il Messaggero, 15 luglio 2021
Biografia di Eleonora Duse
«Ho sempre voluto il tuo bene, solo il tuo bene. Sempre il tuo bene, quello che mi pareva il tuo bene, non solo la guerra e la gloria, ma una vita d’anima, un che t’aiutasse, che desse, placandoti, un che d’amor vero nel vero. Un bel giorno mi sono sentita stroncare in due, così, dalle tue mani, e non so più niente di noi due. inutile. così T’ho già dato tutto, non ho più niente». Così Eleonora Duse si congeda definitivamente da Gabriele d’Annunzio, utilizzando parole che racchiudono, stigmatizzano l’attitudine, la tentazione di alcune donne, quella di dare troppo in amore, privilegiando il bene dell’altro piuttosto che il proprio. Donne che amano troppo, si direbbe oggi. Ma che poi, avendo esaurito ciò che potevano offrire, se ne vanno. Cancellano e rimuovono.
DOLORE
L’amor fou fra lei e il Vate è stato profondo e doloroso. Nel 1892 d’Annunzio ha dedicato Alla divina Eleonora Duse una delle Elegie romane e l’attrice, incuriosita, ha accettato di incontrarlo. Da lì a qualche tempo, in una stanza dell’hotel Danieli di Venezia, scoppia la grande passione. Eleonora – che è più grande di quasi cinque anni e molto più famosa – lo soprannomina figlio, ne finanzia i lavori, spendendo cifre ingenti; Gabriele la chiama Ghisola e ne fa la propria musa ispiratrice, scrivendo in suo onore La Gioconda, Francesca da Rimini e altre opere, che lei porta in teatro. Pur tuttavia la tradisce ed Eleonora si dispera; lui si infastidisce e le scrive: «Ma perché tu mi tormenti con le tue gelosie?».Addirittura, fa interpretare a Parigi La ville morte, La città morta, a Sarah Bernhardt. Un periodo alla Capponcina, nei pressi di Firenze, restituisce slancio al legame: è lì che d’Annunzio scrive La pioggia nel pineto, ispirata a lei (Ermione, all’inizio, era Heleonora). Poi, però, sceglie Irma Gramatica per La figlia di Iorio, e si presenta alla prima, nel marzo 1904, accompagnato da una nuova amante. L’umiliazione è terribile per la Duse, che decide di chiudere. L’ultimo rendezvous avviene molti anni dopo a Milano, sempre in un albergo. Si dice che lui abbia esclamato: «Quanto mi avete amato!» e la Divina, ironica, abbia risposto: «E non sapete quanto vi ho dimenticato!».
LA CARRIERA
Eleonora Duse, che il critico Hermann Bahr chiama «la più grande attrice del mondo», nasce a Vigevano il 3 ottobre 1858. Il padre Alessandro e la madre Angela sono attori itineranti, per cui la bambina respira l’aria del teatro sin dai primi momenti. A circa quattro anni, calca le scene come Cosette dei Miserabili. l’inizio di una carriera senza eguali, di una recitazione che affascina, seduce e avvince; il suo stile è nuovo e differente, Eleonora è meno retorica e più istintiva delle altre, moderna, innovatrice, un’anticonformista che non si trucca, utilizza una gestualità capace di rendere i sentimenti senza bisogno di parole. Dichiara Anton Cechov: «Ho visto proprio ora l’attrice italiana Duse... Non conosco l’italiano, ma lei ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa!». Geniale nell’interpretare personaggi diversissimi, sa mettere in scena la duplicità della società borghese dell’epoca. Soprattutto, riesce a calarsi nei panni delle donne più disparate, con cui scatta sempre un’empatia. Ha molte amiche, fra cui Matilde Serao. «Senza la donna – dichiara un giorno – non va niente. Questo lo ha dovuto riconoscere anche Dio». E ancora: «Le donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre mi ingegno a farle capire a quelli che mi ascoltano, sono esse che hanno finito per confortare me».
Personaggio dalle molte contraddizioni, passionale e inquieta, forte sulla scena e fragile nel privato, la Duse ha diversi amori sempre infelici. Giovanissima, intreccia una relazione con il giornalista Martin Cafiero, che la lascia quando lei aspetta un bambino, poi morto neonato. In seguito, sposa l’attore Tebaldo Marchetti detto Checchi, da cui ha una figlia, Enrichetta, ma anche questa storia finisce. Eleonora è già molto nota, fa tournée in tutto il mondo e si lega all’attore Flavio Andò. Nel 1884 conosce quindi lo scrittore Arrigo Boito, con cui qualche anno dopo intreccia una relazione: Boito traduce per lei Antonio e Cleopatra e le offre una certa serenità, ma l’entrata in scena di d’Annunzio stravolge qualsiasi equilibrio.
Nel 1909, la Divina – da sempre malata di tisi – si ritira dal teatro e si lega alla scrittrice Lina Poletti, tuttavia la vicenda si chiude bruscamente. Dopodiché accetta di recitare nel film tratto da Cenere, romanzo di Grazia Deledda. Torna quindi a calcare le scene – anche per necessità economiche – e riprende la sua esistenza girovaga e gitana, fatta di clamorosi successi, ovazioni e adorazione, nonché di tremenda solitudine. a Pittsburgh quando si ammala di polmonite e muore il 21 aprile 1924. D’Annunzio terrà sempre con sé, al Vittoriale, un busto che la raffigura e si isolerà in una stanza, negli anniversari della morte della Duse, ammettendo che «nessuna donna lo aveva amato come Ghisola».