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 2021  luglio 14 Mercoledì calendario

120 anni dalla nascita di Franco Antonicelli


Fu il professore ante litteram dell’attimo fuggente. Supplente nel liceo D’Azeglio, tra le fucine della classe dirigente antifascista. Precettore di Giovanni Agnelli. Maieuta, nelle carceri Nuove, di Massimo Mila, sfarinandone in diciassette giorni le remore ideologiche sui Promessi sposi ereditate da Augusto Monti.Saranno, nel 2022, centoventanni dalla nascita di Franco Antonicelli, l’altro purissimo letterato della Torino civile con Leone Ginzburg, ritenendo con Ginzburg che occorra «liberarsi dalla politica attraverso la politica», che solo sciogliendo i nodi politici si potrà tornare agli amatissimi otia.Tra pensiero e azione, Franco Antonicelli. Risaltando come educatore, ovunque, in classe, in piazza, al Senato. Il discorso che pronunciò nel 1967 a Livorno, inaugurandosi la biblioteca dei Portuali dove confluiranno i suoi libri (scomparve nel 1974), ne è una sicura testimonianza. Una via alla dignità attraverso Le letture tendenziose, come si intitola il volumetto che accoglie la prolusione (e/o, introduzione di Norberto Bobbio, pp. 85, € 7), primo tassello della rinata Piccola Biblioteca Morale diretta da Goffredo Fofi.«Tendenziose», le letture, perché – spiega Antonicelli – «chi legge deve leggere con uno scopo, anche se deve nel suo animo accettare e assorbire tutto». Là dove lo scopo – cita la madre di Svetlana, figlia di Stalin, naturalizzata statunitense – «è che la nostra classe vada d’accordo e sia unita in una sola classe compatta».Si è alla vigilia del Sessantotto, quando sarà varata la Sinistra Indipendente. Franco Antonicelli, che la rappresenterà a Palazzo Madama, aderendovi, scegliendo di schierarsi con il movimento operaio, perfezionerà la sua parabola gobettiana: passando – come osserverà Bobbio – «per interna coerenza e quindi senza drammi dal liberalismo dei primi anni alla ‘rivoluzione liberale’ degli ultimi».Nelle Letture, pur respirandone la lezione pedagogica, non compare il nome di Gobetti, l’editore ideale modello di Franco Antonicelli direttore della Biblioteca Europea di Frassinelli e artefice della De Silva, la casa destinata ad accogliere, auspice Alessandro Galante Garrone, Se questo è un uomo di Primo Levi.Non Piero Gobetti, ma Antonio Gramsci, l’antagonista del “travettismo spirituale” prima ancora che il politico rivoluzionario, è fra gli autori consigliati da Antonicelli, le Lettere dal carcere, in particolare: «Sono i più grandi stimoli morali, i più grandi documenti di altezza morale che l’Italia abbia espresso in questi ultimi tempi».Sono preferibilmente non narrativi i consigli sparsi nelle Letture tendenziose.Ora intonati allo spirito del tempo, come Lettera a una professoressa, alias don Milani e la sua scuola, «il più bel libro di rivolta»; come Vietnam, la pace proibita, del monaco buddista Thích Nhát Hanh, che invoca: «Non tutti quelli dei Vietcong sono comunisti; questa è un’accusa troppo facile per avere il diritto di combatterli, di sterminarli».Ora incardinati, i suggerimenti, nell’urgenza di non dimenticare per non vellicare le dure repliche della Storia (ecco imporsi le Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana ).Gobettianamente, Antonicelli auspica una liaison fra aristocrazia operaia e intellettuali. Indicando un «ponte» nelle Lettere dall’America di Gaetano Salvemini, «libro drammaticissimo e bello, storia della caduta d’un grande entusiasmo, d’un grande ideale, che si configurò politicamente nella storia del Partito d’Azione», la forza del ceto colto: «Un libro che voi dovete conoscere perché un portuale, un lavoratore deve conoscere quali sono state le ansie degli intellettuali con cui ha e deve trovare alleanza naturale».Non sfugge, ad Antonicelli, l’ossidata difficoltà di fare o rifare l’Italia. O impossibilità? Una meditazione rinnovata accostando Il Gattopardo.Che piacque – con buona pace delle controversie germinate nei cenacoli letterari – «per una ragione, perché i lettori comuni, ed anche io sono un lettore comune, erano stufi di leggere romanzi che non capivano, erano stufi di leggere letteratura tutta piena di strani problemi con un linguaggio poco comprensibile».Il Gattopardo – suo clou “il sonno della Sicilia” – in Antonicelli non accende solo il piacere della lettura. Invita i portuali a non dedurne l’irredimibilità del Sud: «Dite: ma questa è la storia di sempre, e nel “sempre” voi fate una ipocrisia, perché non deve essere la storia di sempre anche se è la storia di oggi. Non confondete mai il futuro col presente. Imparate dal presente per cambiare il futuro».Qualcosa già si muove, si è mosso, il sensore della letteratura lo rivela: da Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi a Il cafone all’inferno di Tommaso Fiore a Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia… Nello scaffale via via delineato da Antonicelli per i portuali livornesi non c’è D’Annunzio. Ma non perché ritenesse la platea impermeabile al Vate. In un’ulteriore occasione, parlando ai portuali di Genova, dal cielo scrosciando a dirotto, recitò, applauditissimo, La pioggia nel pineto.Presentandola ai camalli, per non andare fuori tema, «come esempio di lirica del primo capitalismo»