Il Messaggero, 14 luglio 2021
Isabelle Huppert si racconta a Cannes
«Nessun ruolo mi ha insegnato qualcosa: recitare per me è puro piacere, qui e adesso». E poi, tanto perché sia chiaro: «Non mi intimidisce nessuno e stare davanti alla cinepresa non mi fa né caldo né freddo: mai avuto la tracque, il terrore prima di una scena». Standing ovation, boato. Ecco a voi la divina Isabelle Huppert, regina indiscussa del cinema francese, 68 anni e non sentirli: completo pantalone rosso fuoco, i capelli tizianeschi sciolti, tacchi 12, minuta ma più che mai carismatica, la grande attrice protagonista di un Rendez-vous del Festival ha incantato il pubblico foltissimo composto soprattutto di giovani. Proprio in una giornata in cui la Croisette è stata sferzata dal vento, fastidiosissimo sfondo delle proiezioni e dello sbarco dei talenti, dal film Un eroe di Asghar Farahdi a Oliver Stone, dalla coppia super-glam Laetitia Casta-Louis Garrel alla scoppiettante Valerie Lemercier che ha portato a Cannes il suo atteso film Aline, liberamente (ma riconoscibilmente) ispirato alla vita di Céline Dion.
MOSTRI Ma è stata Huppert a monopolizzare l’attenzione. Reduce dai trionfi teatrali del Giardino dei ciliegi che ha aperto il Festival di Avignone, l’infaticabile Isabelle ha parlato del suo lavoro sempre a cavallo tra cinema e teatro. «Nessuna differenza tra set e palcoscenico», ha spiegato, «non scelgo il personaggio che interpreterò ma il regista: mi interessa il suo sguardo». Premiatissima anche a Cannes, musa dei grandi autori come Claude Chabrol, Jean-Luc Godard, Patrice Chéreau, Bob Wilson, Michael Haneke, Madame Huppert si è smarcata dalla maggioranza delle colleghe che affermano di recitare per vivere tante vite diverse. «Quando mai. Interpretare un personaggio significa incontrare sé stessi». Sullo schermo è stata assassina senza scrupoli, avvelenatrice, vampira, pianista perversa, ricca snob insopportabile, suora dissoluta, figlia insensibile: insomma, un campionario vastissimo della mostruosità femminile. «Ma non è giusto parlare di mostri», ha spiegato, «esprimo spesso la parte oscura delle donne. È il mio piacere d’attrice raccontare l’ambiguità piuttosto che la semplicità. E nei miei film, da Il buio nella mente a La Pianista, non è mostruosa la protagonista ma la situazione». Viene considerata l’incarnazione della precisione, ma qualche volta improvvisa? «Mai, però mi diverto a farlo credere al pubblico».