Il Messaggero, 12 luglio 2021
A Tokyo i volontari non servono più
Se in Italia si possono licenziare centinaia di persone via email, va da sé che in Giappone con lo stesso sistema si possano licenziare migliaia di volontari. È quello che sta succedendo dopo che il cosiddetto pentapartito (Cio, comitato olimpico giapponese, comitato paraolimpico, governo nazionale e autorità metropolitane di Tokyo) ha annunciato che neanche il pubblico locale tranne qualche rara eccezione avrà la possibilità di assistere alle gare. «Ci dispiace informarvi che il vostro apprezzato impegno non è più necessario», è il testo di una mail che migliaia di volontari, di ogni età ed estrazione sociale, stanno ricevendo in questi giorni. «Comunque vadano le cose, e c’è il concreto rischio che vadano male ha scritto in un editoriale alcuni giorni fa l’autorevole Asahi, che nonostante sia uno degli sponsor ufficiali dei Giochi ne aveva chiesto la cancellazione a queste Olimpiadi hanno già tolto l’anima. Saranno Olimpiadi non solo pericolose per tutti, ma anche tristi, molto tristi». Il ruolo dei volontari, nelle Olimpiadi, è sempre stato importantissimo. È sui volontari, più o meno retribuiti (in Giappone da tempo erano scoppiate delle polemiche proprio sul rimborso spese che l’organizzazione non voleva concedere in misura adeguata) che tutte le grandi città dove si sono svolte le Olimpiadi hanno sempre contato per garantire tutta una serie di servizi secondari quanto indispensabili. E nonostante negli ultimi mesi molti volontari abbiano polemicamente annunciato la loro rinuncia a lavorare per il Comitato vuoi per le ripetute gaffes misogine dei dirigenti, vuoi per l’assenza di adeguate protezioni sono ancora migliaia quelli disposti a dare una mano.
Ora non servono più. Le gare olimpiche si disputeranno sempre che all’ultimo momento non ci siano ulteriori cambiamenti in 42 località del Giappone. Alcune, come la maratona, addirittura a Hokkaido, l’isola più settentrionale dell’arcipelago, a quasi 2 mila km da Tokyo. Una decisione presa già l’anno scorso per motivi climatici (correre la maratona a Tokyo, con temperature di oltre 40 gradi e umidità al 95% sarebbe stata una follia) e che aveva fatto infuriare la governatrice Yuriko Koike. Non tanto per la sostanza, quanto per la forma: il Cio aveva infatti deciso senza nemmeno avvertirla. Ma circa l’80% degli eventi si svolgeranno a Tokyo e nelle limitrofe province di Saitama, Chiba e Kanagawa, tutte colpite dalla recente estensione dello stato di emergenza deciso dal governo. Le gare di atletica, nuoto, pallacanestro e i tornei di calcio e baseball si svolgeranno a porte chiuse. O quantomeno socchiuse, come scrivono i media locali, riferendosi al fatto che alla fine ci saranno eccezione per un bel numero di veri o presunti Vip.
«Sono molto triste e anche un po’ arrabbiata confessa Shoko Hasegawa, una signora di quasi 90 anni che da piccola aveva seguito le prime Olimpiadi di Tokyo (1964) e che era riuscita a registrarsi come volontaria io ci credo alle Olimpiadi e volevo dare una mano. E allo stesso tempo approfittare per avere accesso gratis allo stadio, visto che non posso permettermi di acquistare i biglietti».
In totale, sono oltre 70 mila gli addetti in cerca di ricollocamento: comitato organizzatore locale e autorità metropolitane di Tokyo avevano già ordinato e consegnato uniformi, dispositivi di sicurezza e strumenti di lavoro.
«Faremo il possibile per non deludere tutte queste persone ha detto la governatrice Yuriko Koike, che in questi giorni appare particolarmente affaticata (si è dovuta ricoverare per un paio di giorni, per ricaricarsi) troveremo il modo per coinvolgere tutti e fare in modo che lo spirito olimpico prevalga comunque».
Una parola, mai come in questi giorni il famoso wa, l’armonia del consenso che da sempre aiuta il Giappone a mantenere unito il popolo anche di fronte alle peggiori tragedie sembra frantumarsi. L’opposizione, non solo passiva, alle oramai imminenti Olimpiadi è sempre più forte e i media locali denunciano ogni giorno pecche e mancanze dell’organizzazione. «In questi giorni a Kamakura (città vicino a Tokyo, una delle vecchie capitali e sede delle gare di nuoto, n.d.r.) c’erano centinaia di stranieri in giro, e senza mascherina scrive il quotidiano Mainichi essendo le frontiere ancora chiuse, presumiamo siano persone legate alle Olimpiadi. È questa la bolla che ci era stata garantita?». Un rischio enorme, ricorda il quotidiano, visto che al momento, meno del 15% dei giapponesi risulta vaccinato.