la Repubblica, 11 luglio 2021
Intervista a Enrico Letta
«Dal primo settembre al 31 dicembre costruiremo con un grande esperimento di democrazia partecipativa un nuovo campo. Un nuovo partito che convinca gli italiani». Il segretario Pd Enrico Letta parla sul palco di RepIdee, intervistato dal direttore dell’ Espresso Marco Damilano e dalla corrispondente di Repubblica a Berlino Tonia Mastrobuoni. Vertici Pd tutti schierati per lui. Piazza Maggiore piena, pur nel rispetto delle norme anti-Covid. Romano Prodi in seconda fila con la moglie Flavia Franzoni.
Con una mail 422 dipendenti della Gkn sono stati licenziati da uno stabilimento a Campi Bisenzio.
Da pochi giorni è finito il blocco dei licenziamenti. Nel concreto cosa si può fare per dare una risposta a questi lavoratori?
«Intanto buonasera a tutti. Sono contento di esser qui e mi sento un po’ sotto esame, perché quando mi ascolta Prodi mi succede sempre così... Allora, è evidente che questa è una vicenda inaccettabile e che l’intero sistema Paese deve rendersi conto che se questo è l’andazzo del dopo 30 giugno, allora bisogna cambiare. Il caso Gkn non è l’unico.
Pochi giorni fa ho incontrato i lavoratori di una industria brianzola in condizioni simili. Il tema è anche l’inafferrabilità della proprietà.
Spesso si tratta di fondi che non si sa chi siano o dove siano. La prima priorità per noi è far sì che le persone non perdano il lavoro. Che non ci sia dramma sociale. Altrimenti tutto quello che c’è di bello nel Pnrr finisce subito in un burrone».
Le donne sono tra le più colpite dalla crisi legata alla pandemia. Il Pnrr fa abbastanza per loro?
«Noi abbiamo chiesto l’inserimento di una clausola obbligatoria e trasversale a tutti i settori del piano.
Una clausola che rende obbligatorio per tutti coloro che usaranno i fondi di mettere delle percentuali di occupazione femminile e giovanile, pena la perdita dei fondi. Ma dovessi dire io qual è la vera rivoluzione, è che dovremmo passare dalla parola conciliazione tra vita familiare e lavorativa alla parola condivisione.
Condivisione di tutte le incombenze legate alla genitorialità. Per questo abbiamo proposto una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito».
Lei ha cantato vittoria per la riforma della giustizia Cartabia.
Giuseppe Conte ha detto che “non è il caso di esultare”. Forse deve chiamare Grillo anche lei, come Draghi?
«Nonostante io e Conte su questo tema abbiamo una opinione diversa, continuiamo ad avere un ottimo rapporto. La riforma della prescrizione fu fatta dal governo gialloverde, in una logica di scambio.
Il Pd la ha combattuta sin dall’inizio.
Io sono contento di quel che ha fatto Cartabia. Ha fatto un bel lavoro, competente e convincente. La logica è che sono 28 anni che su questi temi si va allo scontro, quindi non siamo mai riusciti ad andare avanti. E aggiungo: è bene sapere che i soldi del Pnrr arrivano se siamo seri e se facciamo le riforme fondamentali che in passato non abbiamo fatto. Poi anche Fi ha protestato su questa riforma, e questo è un bel segno...».
Ma il governista nel M5S è Conte o Grillo?
«Siccome sono uno che un po’ di casini interni li ho gestiti, anche se mai come Romano Prodi, so che quando qualcuno ha casini interni non ti metti a tifare o a metter le dita negli occhi. Osservo e spero che le cose si risolvano».
Alcuni partiti europei tra cui la Lega hanno firmato un manifesto di valori il cui perno è la famiglia.
Lottano contro i diritti Lgbtq, contro l’aborto e il divorzio. Questo la preoccupa?
«Domani verrà a Fossoli Ursula Von Der Lyen, una conservatrice tedesca che ha preso contro l’Ungheria una linea durissima. E noi dobbiamo essere con lei. Quel documento che l’altro giorno è stato presentato e che hanno sottoscritto Salvini e Meloni è uno spartiacque. Perché? Perché questo è un momento in cui o stai di qua o di la. Il documento firmato da Salvini e Meloni è anti italiano, contrario agli interessi nazionali. E io credo che si debbano vincolare i soldi del Pnrr al rispetto dello Stato di diritto. In parte è stato già fatto, perché i fondi sono stati sbloccati».
Voi però con i sovranisti state governando. Draghi deve andare avanti o fermarsi a gennaio 2022?
«Io non dico no a Draghi al Quirinale.
Dico sí a Draghi a Palazzo Chigi.
Quanto al Pd ripeto quello che ho detto quando sono eletto segretario del Pd. E cioè che il Pd non aveva bisogno di un nuovo segrtario, ma di un nuovo partito, di un partito migliore. Che in alcuni luoghi esiste già, come a Bologna».
Quale?
«Dal primo settembre al 31 dicembre noi dobbiamo costruire un nuovo campo, un nuovo partito. Come?
Possiamo farlo col metodo del leadrismo di turno, col predellino, ma io sono contro questo modo di far politica. Noi lanceremo le agorà democratiche, il più grande esercizio di democrazia partecipativa mai visto in Italia. Lanceremo una piattaforma digitale che consentirà a tutti i cittadini di centrosinistra di iscriversi a questa piattaforma, firmare una carta dei valori, contribuire con un euro. Ognuno, insieme ad altri 40-50-100 persone, potrà organizzare una agorà su un tema e metter sull’agorà la sua proposta, che potrà essere giudicata dagli altri e votata. E anche scelta dal partito per il sul programma. Questa modalità ci renderà diversi».
Fedez lo inviterete?
«Noi non invitiamo nessuno. Sarà un campo largo in cui chi vorrà verrà».
Alla fine di questo percorso c’è un nuovo partito?
«Io la meta che ho in testa è che noi con questo viaggio costruiremo il progetto politico che convincerà gli italiani a non affidarsi a Salvini e Meloni per le prossime politiche. E prometto che andremo al governo solo se avremo vinto le elezioni, perchè essere il partito del potere non fa bene al Pd».
Prima di allora bisognerà ridiscutere con l’europa anche il tema dell’immigrazione.
«La soluzione drastica, per un europeista come me molto faticosa, è che a 27 è impossibile fare una politica migratoria efficace. Quindi l’unica è fare una coalizione dei willing, cioè prendere i paesi interessati, con un accordo a 15-16, che costruisca una shengen delle migrazioni. Coraggiosamente dobbiamo superare questi balbettii comunitari».
Andrete avanti sul Ddl Zan? E che accadrà se non passasse nel voto segreto?
«Noi andremo avanti su Zan. Punto, non c’è altro da aggiungere, perché sono convinto che le ragioni di chi ci vuole trascinare in un pantano di negoziazioni sono le ragioni di chi non vuole quella norma. Con grande “serenità” mi verrebbe da dire... non lo dico per ovvi motivi... andiamo in Parlamento e ognuno si prenda le sue responsabilità. Poi leggeremo quello che il parlamento avrà deciso».
Letta come passerà il pomeriggio sportivo dell’11 luglio?
«Coi miei genitori, sull’appennino tosco emiliano. Guarderemo la partita e spero mangeremo buoni funghi fritti. Diciamo forza Italia...
diciamolo stavolta».