Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  luglio 11 Domenica calendario

Matteo Berrettini raccontato dalla mamma Claudia

«Sabato siamo riusciti a scambiarci appena un saluto da lontano. Per il Covid non possiamo avere contatti e la guardia del corpo che segue Matteo qui a Wimbledon è inflessibile. Ma l’ho visto sereno. E molto felice». Claudia Berrettini a Wimbledon era già venuta nel 2019, quando suo figlio si era inceppato contro Federer negli ottavi, l’ultima partita che Matteo ha perso sull’erba. «Stavolta è andata meglio - sorride - anch’io ero più rilassata. E poi l’80 per cento del pubblico qui è per lui». Guardando da lontano l’ultimo allenamento le sono tornati in mente gli inizi di una italianissima storia di successo. «Matteo da ragazzino era come lo vedete adesso. Non voglio dire introverso, ma più maturo della sua età, molto attento a tutto quello che gli capitava attorno. Ricordo il suo primo torneo, al Tennis Club Panda, a Roma, sulla Nomentana. Era al primo anno da Under 10, e a sorpresa vinse la finale. Nel tie-break che sostituiva il terzo set, il suo avversario toccò una palla destinata fuori prima che toccasse terra, e Matteo glielo fece notare: come adesso non gli scappa nulla». Il tennis è nel dna dei Berrettini. «Io sono una giocatrice da club, poco agonista, mio marito Luca invece se non compete non si diverte. Persino Jacopo, il fratello minore, ha iniziato già a seguire il padre per la Serie C e la Coppa Italia da quando aveva quattro anni, la passione l’hanno presa così. Nonno Piero, fiorentino che oggi vive a Gaeta, ancora adesso va in campo in singolare senza problemi sotto il sole».
Per quattro anni abbondanti, dall’Under 12 all’Under 16, la famiglia Berrettini ha accompagnato Matteo in camper ai tornei, «soprattutto in Austria e Germania, perché era più facile con il camper, e con noi veniva sempre anche il nostro cane, Yannik, battezzato così in onore di Noah, ma senza la ‘c’».
Tennisti sono anche i nonni materni, Elio e Lucia. «Mia mamma è brasiliana e da quel lato è più simile a Jacopo, che è solare, estroverso, godereccio. Matteo può sembrare chiuso, in realtà è solo molto selettivo, se qualcuno non gli va a genio non c’è verso». I suoi amici più cari restano quelli del quartiere dove è nato, il Nuovo Salario, i compagni del tennis - prima al Circolo Corte dei Conti, poi alla Canottieri Aniene, e quelli del Liceo Archimede. «Per un anno ha fatto lo scientifico normale, e a scuola andava bene, quando il tennis è diventato più impegnativo però è stato lui a dirmelo: ‘mamma, non ce la faccio’. Così è passato al Liceo Sportivo, purtroppo in Italia chi fa sport è penalizzato. Quando ho capito che le assenze sue e di Jacopo non erano ben viste, ho incominciato a ‘nascondere’ le trasferte: credo siano stati i due fratelli più ‘raffreddati’ e ‘influenzati’ della scuola italiana».
Matteo non è solo tennis, neanche ora che è fra i primi 10 al mondo, 7 se vincerà oggi. Ama il cinema, le letture, la musica («quella è una passione che gli viene dal lato brasiliano»), in generale è curioso del mondo. «Per la sua formazione è stato importante un maestro, Francesco, che faceva lezione suonando la chitarra, a iniziarlo a letture più complesse (Bukowski, Hesse, Williams, ndr), è stato il suo mental coach, Stefano Massari, un’altra figura importante. Da piccolo trafficava con i Lego, ma anche con i bulloni e le viti: come fa oggi in campo cercava l’incastro giusto, la soluzione tecnica. Se non fosse diventato un tennista credo avrebbe fatto o l’ingegnere o il pilota».
Con Ajla Tomljanovic, la fidanzata tennista di Matteo, il rapporto di mamma è «idilliaco, come del resto fra di loro. Una bella storia, fatta di complicità e allegria». Ma cosa fa felice Matteo, oltre al tennis? «È uno che ha bisogno di amore, di dare e ricevere energia. Per questo gli piace giocare davanti al pubblico, e ne è ricambiato. Con noi è molto affettuoso, mi porta spesso fare shopping e non sopporta se non compro nulla. E ha gusto, anche dall’Australia mi ha portato un vestito. Da me ha preso il debole per scarpe e gioielli, si compra collane, anelli, bracciali. Prima di ogni partita se ne toglie sempre uno, che rimette alla fine. Lo ha già perso quattro volte, e noi glielo abbiamo sempre ricomprato: è una rosa dei venti, un simbolo che si è anche tatuato sul braccio, adatto a uno come lui che ama girare e conoscere il mondo». A Wimbledon, comunque vada oggi, ha già fatto centro. Al ritorno a Roma, dopo la visita al Quirinale, lo aspetta un altro premio: «la carbonara cucinata dal nonno, da leccarsi i baffi. Il suo piatto preferito». Anche più delle fragole con panna.