il Fatto Quotidiano, 10 luglio 2021
Trevi allo Strega con le scarpe della Lidl
Ci sono appuntamenti con la Storia per cui le firme del giornale farebbero a gara pur di essere inviati: non è questo il caso del Premio Strega. Ciononostante il caporedattore pretende “tutti i retroscena”, e infatti al Fatto – al Museo Etrusco di Villa Giulia (Roma) – è assegnato il tavolo n. 40 su 40: più retroscena di così si arriva al piazzale, non di Villa Giulia ma direttamente a Piazza Navona per il party del vincitore Emanuele Trevi, party a notte fonda in Terrazza Borromini, organizzato già da giorni “a prescindere dal risultato”. Seee.
Dal tavolo n. 40 su 40 non si vede né si sente niente: tocca guardare la serata sul maxischermo. Come a casa, ma senza aria condizionata. Consoliamoci, le colleghe del Corriere della Sera e dell’Ansa sono solo a un tavolo da noi – il 39esimo –, mentre i colleghi di Tv 2000 siedono al 38esimo: hanno più Santi in paradiso.
La cerimonia del 75esimo Strega è sobria quanto soporifera e il premio a Due vite di Trevi (Neri Pozza) meritato e fin scontato: con 187 voti surclassa di oltre 50 preferenze Donatella Di Pietrantonio e il suo Borgo Sud (Einaudi). I maligni lo danno vincitore anche grazie ai voti degli amici di Teresa – Ciabatti, per i nemici –, grande esclusa del 2021. In ogni caso, Due vite, saggio/romanzo sugli amici (di Ema) Rocco Carbone e Pia Pera, morti prematuramente, è notevole, il migliore dei cinque finalisti: più che meritata è anche la prima vittoria di Neri Pozza, piccola e pregevolissima casa editrice che non se la tira come Adelphi e sforna titoli più interessanti di Feltrinelli. Ponte alle grazie/Gems, intanto, rosica per essersi lasciata scappare Trevi, secondo nel 2012 con Qualcosa di scritto. La vita quasi vera di un incontro con Pier Paolo Pasolini a soli due voti da Alessandro Piperno (Inseparabili: il fuoco amico dei ricordi, Mondadori).
Quest’anno per la finale hanno votato 589 persone su 690: fa l’85 per cento, non l’89 sbandierato dal Premio. Ma pazienza: siamo tra letterati e la calcolatrice è rotta. Terza, con 123 preferenze, è Edith Bruck con Il pane perduto (La Nave di Teseo); seguono Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani), 78 voti, e Andrea Bajani, Il libro delle case (Feltrinelli), 66 voti.
A Trevi va anche il Premio Eleganza, scippato di poco al signore in ultima fila con calzini rossi en pendant con la cravatta e la tinta per capelli della moglie, ma Emanuele indossa le scarpe da ginnastica della Lidl: imbattibili. È il nostro Houellebecq; anzi no, sembra Carrère per stile (letterario, non di abbigliamento), verità inautentiche e nome di battesimo. “Tutto lo Strega è autoconservazione e io ne sono il maestro”, dichiara sornione. “I libri sono riparazioni”. Boh, poi dedica la vittoria al fotografo Lorenzo Capellini, in ospedale, e alla madre, “mancata durante questo periodo infernale: lei di sicuro si sarebbe divertita tantissimo, perché amava tutte le gare, da X-Factor a Sanremo”. Di Pietrantonio, invece, racconta le sue “voci dentro” e ha il ddl Zan in pugno, scritto sul palmo della mano come promemoria non si sa per chi. Bajani, poi, iperbolico, parla del “tentativo di rivoluzione che chiunque ha vissuto”. In pandemia? Macché, durante il trasloco di casa: “Ne esci traumatizzato a vita”. Certo. Chiedere alla signora Bruck e ai suoi traslochi da Auschwitz, Dachau e Bergen-Belsen. Il suo Pane perduto, fino a ieri il più venduto dei cinque, “non è letteratura. Ma perché dovrebbe esserlo?”, commenta l’autrice, memore della lectio di Adorno post Shoah.
Età media della platea: 81,7 anni. Tutti vaccinati. I vip sono i soliti habitué: Gian Arturo Ferrari; Clemente Mastella e consorte; Vittorio ed Elisabetta Sgarbi; Chiara Gamberale, che tifa per l’ex marito Emanuele; Dacia Maraini; Francesco Piccolo; Niccolò Ammaniti… Anche Geppi Cucciari, che conduce la serata su Rai3, è sottotono, mentre l’ultimo vincitore Sandro Veronesi si meraviglia di “questo amore per la letteratura anche tra le persone comuni!”. Apperò, chi avrebbe mai detto che le persone comuni leggono. Chiude le gaffe il presidente della Fondazione Bellonci, Giovanni Solimine, che invita a “ritrovare dentro i libri se stessi”. Solo se si è smilzi, piccoletti e piuttosto quadrati.
Cosa rimane, dunque, di questo 75esimo Premio Strega? Mal di testa per 18 ore, una boccetta di liquore in fondo alla borsetta e il dubbio di aver pagato troppo il taxi.