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 2021  luglio 10 Sabato calendario

I primi 15 anni di Twitter

Tra pochi giorni oltre un miliardo di persone potranno celebrare – se ne avranno voglia – la nascita di un loro vincolo comune. Il 15 luglio 2006 veniva infatti lanciata e aperta al pubblico la piattaforma Twitter, la rete alla quale accede regolarmente una massa crescente di varia umanità, compresi vari capi di Stato e persino il Sommo Pontefice. Ognuno può leggervi quello che pensano gli altri iscritti, e sperare che gli altri leggano quello che pensa lui. Il che è la massima aspirazione del nostro incorreggibile individualismo.
Il network nacque da un’ iniziativa di Jack Dorsey che lo definì «una breve raffica di informazioni irrilevanti, dei chirps from bird». La parola chirp, cinguettìo, fu sostituita da quella più dolce di twitter, e l’icona del pennuto diventò il simbolo che tutti conosciamo. Fu un successo immediato: i cinguettii aumentarono in modo esponenziale, arrivando da ogni parte del globo e persino dallo spazio, postati dagli astronauti. Talvolta diffusero notizie sensazionali, anticipando le più antiche e celebri agenzie di stampa. Nel Giugno del 2009 Time dedicò la sua ambita copertina alla nuova piattaforma, che nel frattempo schizzava in borsa e veniva coronata di riconoscimenti e premi. Oggi Twitter, pur insidiata da un’agguerrita concorrenza, è per molti un accessorio indispensabile, vale miliardi di dollari e i suoi fondatori sono diventati tra gli uomini più ricchi e influenti del mondo.
LE CARATTERISTICHE
Descrivere il funzionamento di questa rete non è solo impossibile per ragioni di spazio, ma anche inutile, perché chi vi accede ne sa già abbastanza, e probabilmente più di chi scrive. Osserviamo solo che è più snella di Facebook ma più estesa degli Sms. In pratica consente di comunicare con migliaia, o milioni di followers in tempo reale sugli argomenti più disparati. C’è anche una convenienza finanziaria: più amici ti seguono più la tua influenza aumenta, e con essa cresce il corteggiamento dei venditori di prodotti o di idee, con un’attenzione che si traduce in compensi economici, proporzionali all’estensione dei tuoi consensi. Questa inedita fonte di profitto avrebbe sorpreso il venerabile Carlo Marx, che si limitava a considerarlo come il materiale plusvalore di un bene creato dallo sfruttamento del proletariato. Il barbuto profeta, nella sua visione apocalittica, non aveva fatto i conti con la vanità e soprattutto con la credulità dei suoi simili. E così come un tempo vi erano capitalisti marxisti, oggi vi sono ricchi influencers nostalgici del comunismo e dei suoi miti egalitari. E purtroppo, a conferma della massima di Voltaire che niente quanto l’inavvedutezza umana dà l’idea dell’infinito, trovano qualcuno che ci crede.

IL RUOLO
Ma naturalmente Twitter non è solo una fiera delle vanità. Ha allargato gli orizzonti della curiosità e della fantasia, ha stimolato la discussione e gli scambi di idee, e ha colmato i momenti di solitudine del monotono quotidiano. La pulsione ad esprimersi sui fatti propri si coniuga spesso con la curiosità morbosa di conoscere quelli altrui, perché l’uomo è un animale sociale e ha bisogno di comunicare. Così il sito, utilizzato in origine da giovani esuberanti e inventivi, è diventato un pulpito di iniziative politiche, di esortazioni omiletiche, di promozioni economiche, di suggerimenti finanziari, di contrasti polemici e di scambi sentimentali. Ha sostituito gli augusti scranni dei parlamenti, dei governi e persino della Chiesa, per inviare messaggi ridotti nel contenuto ma incisivi nella rapidità. E qui emergono i pericoli.

I LIMITI
Come per gli altri siti analoghi, l’argomentazione ragionata, la vigilanza accorta, e la stessa proprietà lessicale sono infatti state sostituite, anche negli interventi più autorevoli, da grossolane banalità, espresse in battute categoriche e svincolate da ogni controllo critico. Soprattutto nei messaggi dei politici si è avuta l’impressione che gran parte degli intervenuti non sapessero dove stessero andando, ma che ci andassero convinti. Alla mutilazione del dibattito corrisponde spesso un’infinità di nulla, e il pensiero assente è surrogato da un vocabolario a prestito. Il dubbio, faro del saggio, è stato spento dalla irruenza polemica di interlocutori lontani e spesso tra loro sconosciuti.
Con l’aumentare dei follower sono aumentati anche gli inconvenienti: da principio si è trattato di problemi tecnici, come i blocchi da sovraccarico, o le infezioni da virus. Ma successivamente a preoccupare è stato il contenuto: le fake news hanno allarmato istituzioni e mercati; le fraudolente iniziative di furbi imbonitori hanno generato incertezza nei contratti; in alcuni casi si è arrivati all’incitazione all’odio razziale e all’apologia degli stermini di massa. I responsabili delle reti hanno talvolta oscurato alcuni siti, e tolto la parola a personaggi autorevoli. Nei paesi meno liberali è intervenuta pesantemente la censura: Cina, Turchia, Egitto, Iran hanno vigilato con severità, e persino nelle tolleranti democrazie occidentali si è innescata la polemica sulla libertà di espressione, e sul diritto di diffondere notizie fasulle, e magari allarmanti o pericolose.

I CONTROLLI
L’aspetto più grave è infatti costituito dalla mancanza di controlli. Le prime vittime sono stati i minori, e più in generale i soggetti deboli, esposti alle suggestioni e alle insidie di menti più spregiudicate. Nei casi più seri, l’incoraggiamento di attività emulative eccentriche, di giochi di ruolo e persino di torbide ritualità hanno determinato conseguenze disastrose nella maturazione intellettuale dei ragazzi, e talvolta la compromissione della loro salute. Ma non meno grave è la diffusione di concetti pseudoscientifici in grado di avvilire, nelle menti meno accorte, l’autorità della scuola, della famiglia e più in generale delle tradizionali fonti di conoscenza. Le assurdità lette sulla diffusione del Covid, sulle sue cure e sulla sua prevenzione, a dispetto di tutte le raccomandazioni formulate dagli esperti e avallate dall’esperienza, costituiscono lo stesso pericolo un tempo rappresentato dai negazionisti della peste, considerata frutto di una congiunzione astrale o di una congiura di untori. La moltiplicazione di idee e della loro comunicazione è infatti direttamente proporzionale alla loro inaffidabilità: e poiché quando si smette di credere in Dio si finisce per credere a tutto, la nostra civiltà secolarizzata è una Bengodi per imbonitori scaltri e fantasiosi ciarlatani. Cosicché, anche se i vantaggi superano gli inconvenienti, dovremmo accostarci a questo strumento mediatico con vigile accortezza: sempre tenendo presente l’aurea ammonizione che, davanti a un argomento sconosciuto, il saggio ascolta, l’ignorante parla, e il cretino insegna.