Corriere della Sera, 10 luglio 2021
Sul caso Lele Adani
La notizia è clamorosa: è finita male la storia tra Lele Adani e Sky Sport, un rapporto di collaborazione che andava avanti da nove anni con soddisfazione reciproca. La coppia Riccardo Trevisani e Lele Adani sembrava destinata a scalare i primi posti, a scalzare il duo Caressa-Bergomi e invece sono volate parole pesanti.
Adani, riferendosi probabilmente a Federico Ferri, direttore responsabile di Sky Sport, ha parlato di valori e libertà non negoziabili. Non so cosa sia successo, è un episodio che dispiace, ma è anche un’occasione per riflettere sul ruolo della seconda voce (al di là della persona, che tutti descrivono come molto simpatica) che in questi ultimi anni è diventato preponderante.
In generale, le seconde voci si dividono in due categorie: ex calciatori che sognano ancora di entrare nel giro come allenatori ed ex calciatori che hanno deciso di starne fuori. I primi fanno commenti insulsi, per non scontentare nessuno. I secondi tendono alla sentenziosità: chi con garbo, chi con logorrea.
Il calcio è uno sport semplice (lo giocano i ragazzini) e insieme complesso, ma in tv è sostanzialmente uno spettacolo guidato (dalla telecronaca). Si pensava che lo sviluppo della tecnologia e delle immagini riducesse il fattore radiocronaca (Tizio passa la palla a Caio…), ma così non è. Anzi, è aumentata a dismisura la parola.
Se vedo un film, se assisto a uno show, se leggo un libro troverei oltremodo fastidiosa la presenza di qualcuno che, dietro le spalle, spiega quello che sta succedendo. Magari alla fine (nell’intervallo, nel caso del calcio) è bello saperne qualcosa di più da un esperto, ma non durante il gioco. Le seconde voci sono gli ultimi semiologi in attività, sono la funzione veridittiva delle immagini, sono la eco del telecronista. È un ruolo tutto da ripensare, sine ira et studio. Senza animosità e pregiudizi.