Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  luglio 09 Venerdì calendario

Prove tecniche di settimana cortissima (in Islanda meglio di quella corta)

Neanche chi negli anni ’70 scendeva in piazza con lo striscione «Lavorare tutti, lavorare meno» avrebbe immaginato che quel «meno» si sarebbe ridotto ad appena 4 giorni (con opzione smart working) su 7. Eppure il modello agile (agilissimo) pare funzioni alla grande, con reciproca soddisfazione dei dipendenti e delle aziende.
Il motivo è presto detto: i primi sono contenti perché, nonostante il forte «sconto» sui tempi della prestazione d’opera, lo stipendio non viene ridotto; le seconde sono soddisfatte perché hanno verificato come, in termini di fatturato e obiettivi di mercato, il piano «settimana cortissima» ottenga risultati «altamente performanti». Roba da far rivoltare nella tomba (o forse no?) gli esegeti della fin troppo citata teoria keynesiana.
Fatto sta che l’esperimento di «economia filosofica» – nel senso di mettere d’accordo il business del «padrone» (si fa per dire) con la qualità della vita delle «maestranze» (si fa sempre per dire) – si è rivelato un successo.
Ok, ma qual è il Paese dove avviene il miracolo anti-fordista? Per beneficiarne bisogna spostarsi un po’ fuori mano: in Islanda, esattamente nella «ridente» capitale Reykjavik.
È qui infatti che un gruppo di studiosi ha elaborato i vantaggi della teoria dello «stakanovismo a mezzo servizio». Tra il 2015 e il 2019, infatti, il governo ha condotto una serie di test sulla «quattrimana», cioè la settimana decurtata di tre giorni, per un totale di 35 ore lavorative (comprensive di «pausa caffè», che però negli uffici islandesi pare abbiano tempi leggermente inferiori a quelli italiani).
Nessun dubbio da parte della società Autonomy e della Association for Sustainability and Democracy che curato la ricerca: «Un successo travolgente».
Il professor Will Strong sintetizza: «L’esito è molto positivo. Gli impiegati del settore pubblico e privato sono entusiasti dell’equilibrio tra lavoro e sfera familiare: trascorrono più tempo con i loro cari e svolgono attività extra con enormi benefici sul piano fisico e psicologico». E la produttività? «Non è assolutamente calata, anzi è aumentata con gli obiettivi industriali pienamente centrati oltre ogni ottimistica previsione». Tanto che l’86% dei lavoratori islandesi ha adottato il sistema «ore ridotte e stipendio pieno».
La totalità delle aziende si è adeguata, senza cercare scorciatoie o furbizie. Ridurre le ore di lavoro, pagando meno i dipendenti, sono capaci tutti. Ma non è questo il caso della ricetta islandese, destinata ormai a «scongelato» vecchi pregiudizi.
Nel resto del mondo lo stanno capendo in tanti: prove tecniche di settimana cortissima sono avviate in Spagna, Finlandia, Germania e Francia. In Nuova Zelanda la società Uniliver ha consentito al suo personale di tagliare del 20% le ore lavorative senza ritoccare la paga.
E in Italia? Per ora, più che al futuro, si guarda al passato. Guardare non costa nulla.