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 2021  luglio 09 Venerdì calendario

Sotto i mari in Antartide inseguendo Shackleton

La ricerca di un sogno, anzi, di una leggenda: uno dei relitti simbolo dell’epopea delle esplorazioni polari. Quando gli uomini partivano per terre ignote e per anni restavano totalmente isolati dal resto del mondo, in perenne lotta con gli elementi, spersi nel cuore di una natura sconosciuta. Questo è in effetti il progetto «Endurance 22»: la spedizione scientifica britannica che l’anno prossimo partirà per l’Antartico con il proposito di individuare ciò che resta del veliero in legno a tre alberi, 320 tonnellate di stazza, lungo 44 metri, che nel 1914 condusse l’esploratore inglese Sir Ernest Shackleton e 27 compagni nelle acque gelide del Mare di Weddel con il proposito di essere i primi ad attraversare quel continente gelato. La vicenda resta tutt’ora uno dei grandi esempi di capacità di resistenza e coraggio. L’Endurance venne intrappolata nei ghiacci e per 10 mesi andò alla deriva, sino a che, il 21 novembre 1915, non affondò. 
«Scomparve di prua, con il timone alto nell’aria. Quindi, il ghiaccio si richiuse sopra di lei per sempre. Infuse in tutti noi una sensazione di scoramento. Era il nostro ultimo legame col mondo», scrisse allora Shackleton nel suo diario, poi diventato un classico di quell’epica. Ma fu ancora lui a motivare l’equipaggio: utilizzarono tre scialuppe come slitte, trascorsero un secondo inverno sul pack (una massa di ghiaccio galleggiante), quindi raggiunsero il mare e lui con pochi uomini navigò a remi e vela per altri quasi mille chilometri per trovare i soccorsi in una base di balenieri nell’isola della Georgia del Sud, non prima di aver attraversato una catena di ghiacciai per pendii crepacciati che costituiscono tutt’oggi una sfida anche per gli alpinisti meglio equipaggiati. La Prima Guerra Mondiale infuriava. Risultava difficilissimo organizzare il recupero. Ma Shackleton entro la fine della primavera del 1916 riportò tutti casa. 
Ai nostri giorni i cambiamenti climatici e il riscaldamento dei Poli hanno parzialmente rimpicciolito le zone ghiacciate. Lo scioglimento del pack facilita la ricerca del relitto. È la stessa logica che negli ultimi due anni ha motivato il Cern di Ginevra, in cooperazione con il Cnr italiano, a tentare di individuare i resti del dirigibile Italia del comandante Umberto Nobile nelle acque del Polo Nord. Intere aree dove nel 1928 erano accampati i superstiti della Tenda Rossa sono adesso mare aperto. A detta di Mensun Bound, responsabile della spedizione di scienziati internazionali sulle orme di Shackleton, lo spessore ridotto dei ghiacci e i nuovi tratti di acque libere saranno di grande aiuto. Si stima che l’Endurance si trovi adagiata sul fondale a oltre 3.000 metri di profondità. Due anni fa lo stesso Bound fu costretto a interrompere le ricerche a causa delle condizioni meteo. 
Ricerche simili condotte nei mari dei Poli, comunque più freddi del Pianeta, hanno rivelato che le navi in legno si preservano bene negli anni a quelle temperature e grazie all’assenza di luce. La «Endurance22» è finanziata per lo più da privati e sarà guidata dal Falkland Maritime Heritage Trust (FMHT), la stessa organizzazione che di recente ha coordinato la ricerca di alcune navi da guerra tedesche affondate nel 1914 durante la battaglia delle isole Falkland. Verranno utilizzati minisottomarini Saab Sabertooth equipaggiati con sensori e telecamere. Fonte primaria per determinare le aree da esplorare restano i diari di Frank Worsley, il capo-navigatore che Shackleton portò sempre con sé e fu l’uomo-chiave per determinare la rotta della marcia verso la salvezza. Ma la sua ultima rilevazione nota risale a tre giorni prima della scomparsa della nave e ciò complica inevitabilmente il lavoro.