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 2021  luglio 09 Venerdì calendario

Storia di Haiti e dei suoi guai

Il ribelle comunista Dr. Magiot si volta verso il cadavere di un ministro, che si è sgozzato per paura, e osserva: «Le morti violente sono morti naturali qui. È morto nel suo ambiente». La maledizione di Haiti, che Graham Greene aveva raccontato così nel 1965 con «The Comedians», continua a ripetersi uguale. Oltre il confine, la Repubblica Dominicana è riuscita almeno a diventare una meta turistica e reggersi in piedi con le sue gambe. Invece l’altro lato di Hispaniola non può proprio a scrollarsi di dosso l’etichetta che Donald Trump aveva riassunto nella colorita espressione «shithole», cesso di Paese, salvo poi approfittarsene per togliere i voti degli haitiani-americani a Hillary Clinton, accusandola di aver saccheggiato insieme al marito Bill l’isola dove erano andati in viaggio di nozze. Ma forse la maledizione sta proprio qui, ossia l’incapacità di affrancarsi dal destino di dominazione, a cui ognuno ha risposto arraffando quanto trovava.
È andata così fin dal principio, cioè lo sbarco di Cristoforo Colombo nel dicembre del 1492. Il navigatore genovese stabilì il primo insediamento di quella che credeva l’India proprio ad Haiti, chiamandolo Navidad. Lo scopo era andare a caccia dell’oro, ma gli indigeni taino scannarono questi primi coloni. Dopo anni di guerre e contese fra spagnoli, inglesi e francesi, e lo sviluppo di una florida economia agricola basata sulla schiavitù, proprio Haiti aveva vissuto una svolta che avrebbe potuto metterla all’avanguardia del Nuovo Mondo. La rivolta guidata dal generale nero Toussaint Louverture, che aveva sconfitto Parigi, abolito la schiavitù e dichiarato l’indipendenza del primo Paese libero nell’intera regione.
Ci sarebbero stati i presupposti per diventare un modello positivo, ma non era durata. Nel 1915, in ossequio alla Dottrina di Monroe, il capo della Casa Bianca democratico Wilson aveva ordinato la prima occupazione americana di Haiti, per riportare la stabilità dopo il linciaggio del presidente Vilburn Sam. Gli Usa erano rimasti fino al 1934, e quando si ritirarono Port-au-Prince fece attenzione a non urtarli, dichiarando guerra a Giappone, Germania e Italia nel 1941. Dopo il conflitto mondiale però cominciarono i colpi di Stato, che a Washington interessavano relativamente, purché Haiti restasse anticomunista durante la Guerra Fredda. Così nel 1957 aveva vinto le elezioni Francois Duvalier, medico di formazione, perciò soprannominato Papa Doc. Da una parte aveva usato nazionalismo e populismo per consolidare la presa, ma dall’altra aveva creato la milizia personale dei Tontons Macoutes, per eliminare l’opposizione. La violenza era diventata la norma, denunciata appunto da Greene, con Duvalier che assisteva alle torture dei rivali sciolti nell’acido. In più si era identificato con Baron Samedi, uno degli spiriti vudù, per alimentare il culto della personalità.
Dall’altra parte del mare però si era imposto il regime castrista, e quindi lui era il male minore per Washington. Così aveva cambiato le leggi per nominarsi presidente a vita, passando poi la carica al figlio Jean-Claude, Baby Doc. Si stima che circa 60.000 persone furono massacrate durante il regime dei Duvalier, che iniziò a traballare solo quando nel 1983 Giovanni Paolo II visitò Haiti per denunciare la leadership e avviare la sua caduta, tre anni dopo.
Nel 1990 proprio un sacerdote cattolico, Jean-Bertrand Aristide, era riuscito a farsi eleggere presidente. Formato con la teologia della liberazione, era durato poco anche lui, perché un anno dopo era stato rovesciato dal golpe militare di Cedras. Nel frattempo alla Casa Bianca era entrato Bill Clinton, che nel 1975 era andato proprio ad Haiti con la moglie Hillary, rimanendo affascinato dalla cerimonia vudù a cui li aveva invitati il prete Max Beauvoir: «Dopo diversi minuti di danza ritmica e tamburi, gli spiriti erano arrivati, impadronendosi di una donna e un uomo. Lui si passò una torcia infuocata sul corpo e camminò sui carboni ardenti senza bruciarsi. Lei urlò ripetutamente, quindi prese un pollo vivo e gli staccò la testa con un morso». Bill ha scritto nella biografia «My Life» che durante questo viaggio aveva deciso di candidarsi a ministro della Giustizia dell’Arkansas, cominciando la carriera politica: «Il Signore lavora in maniera misteriosa». Non sorprende quindi che nel 1994 aveva ordinato l’Operation Uphold Democracy, che con 20.000 soldati aveva riportato Aristide al potere. Però aveva fallito anche lui, perso contro René Préval l’anno dopo, rivinto nel 2000, e infine cacciato da una rivolta nel 2004. L’ex prete aveva accusato Bush di averlo rapito, ma il segretario di Stato Powell aveva smentito: «Abbiamo facilitato la sua uscita, ma sull’aereo ci è salito di propria volontà».
L’Onu aveva inviato la missione Minustah per aiutare la stabilizzazione, e c’era stato un passaggio di potere ordinato fra Alexandre e Préval nel 2006. Ma anche questa era stata una parentesi, finita stavolta col terremoto del 12 gennaio 2010, che aveva ucciso circa 300.000 persone. Se ciò non fosse bastato, i caschi blu nepalesi avevano portato il colera nel Paese, facendo altre 10.000 vittime, per non parlare degli abusi sessuali commessi anche con le bambine, che avevano lasciato centinaia di minorenni a crescere figli senza padri.
La comunità internazionale aveva stanziato 13 miliardi di dollari, che avrebbero potuto davvero ricostruire il Paese. Ma sono spariti, senza quasi lasciare un segno nelle vite degli 11 milioni di abitanti, che restano fra i più poveri al mondo.
Qui tornano in scena i Clinton, perché Hillary diventa segretaria di Stato e avvia progetti per rilanciare Port-au-Prince, tipo il centro industriale Caracol Industrial Park. Questo usa Trump nel 2016, per accusare la rivale di aver fatto soldi alle spalle dello «shithole», e toglierle i voti delle migliaia di haitiani istruiti emigrati negli Usa. Quando entra alla Casa Bianca Donald appoggia Moïse, prescelto come successore dal presidente cantante Michel Martelly, soprattutto perché lo aiuta contro il Venezuela. Ma nemmeno Biden cambia linea, nonostante nell’aprile scorso 69 deputati abbiano mandato al segretario di Stato Blinken una lettera sollecitando di scaricare Jovenel, perché «gli mancano la credibilità e la legittimità per tenere elezioni libere e giuste». Ora a Washington e all’Onu si discute un nuovo intervento, ma poco lascia sperare che possa sfuggire alla maledizione del Dottor Magiot.