ItaliaOggi, 7 luglio 2021
Conte piace all’85% dei grillini. Lo dice Paolo Natale
Conte alla guida del Movimento5stelle piace all’85% dell’elettorato grillino. E con l’ex premier i 5stelle potrebbero arrivare non solo a frenare la caduta libera degli ultimi mesi, sono al 14% contro il 30% del 2018, ma puntare alle prossime elezioni anche al 20%, contendendo al Pd la primazia del centrosinistra». Ne è convinto Paolo Natale, politologo dell’Università di Milano e consulente dell’istituto di sondaggi Ipsos. E invece un Movimento che tornasse alle origini, come prospetta Beppe Grillo, che spazi avrebbe? «Sarebbe destinato all’irrilevanza, nessuno più crede al partito anti casta dopo che per tre anni hanno governato un po’ con tutti, con la destra e la sinistra». Ma guai, avverte Natale, se Conte dovesse illudersi di potersi portare dietro i consensi potenziali dei grillini in un partito suo: «Non funzionerebbe, il leader tira se ha alle spalle un movimento già sedimentata nel voto degli elettori a cui può dare la sua impronta, come ha fatto Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia, ma partire da zero puntando al carisma del capo non paga. Basta vedere come è finita Italia viva con Matteo Renzi».
Domanda. Il Movimento5stelle è a un bivio: o c’è l’accordo Conte-Grillo, oppure ognuno per la sua strada. Gli elettori del Movimento chi preferiscono tra i due?
Risposta. Secondo i nostri ultimi dati, l’85% del consenso è per Giuseppe Conte. E anche tra gli ex elettori pentastellati Conte ha un gradimento alto, del 50%, mentre Beppe Grillo piace solo al 10% degli ex.
D. La leadership di Conte quanto varrebbe in termini di consenso al partito?
R. Intanto Conte frenerebbe la caduta libera degli ultimi mesi, i 5stelle sono al 14% contro il 30% del 2018, e potrebbe puntare in prospettiva alle prossime elezioni anche al 20%, contendendo al Pd la primazia del centrosinistra. Si creerebbe un blocco oggettivamente competitivo rispetto a quello di centrodestra.
D. E tornare invece alle origini del Movimento, come prospetta Grillo?
PUBBLICITÀ
R. Sarebbe un errore clamoroso, questo sì che porterebbe alla caduta irreversibile del Movimento. La proposta politica delle origini oggi non sta più in piedi. Oggi nessuno più crede al partito anti casta dopo che per tre anni hanno governato un po’ con tutti, con la destra e la sinistra: dovevano aprire il Parlamento come una scatola di sardine, ora loro ci stanno dentro a pieno titolo come gli altri. Il partito del vaffa sarebbe destinato all’irrilevanza.
D. E che partito sarebbe invece il Movimento con Conte leader?
R. Recupererebbe alcuni elementi della proposta iniziale di Gianroberto Casaleggio, dall’ambientalismo alla transizione digitale, occupando uno spazio, quello dei Verdi, che in Italia in verità non ha mai avuto grande successo.
D. Il Pd potrebbe avere un tornaconto dal default dell’M5s?
R. No, sarebbero pochi voti in più, i delusi 5stelle passerebbero in gran parte all’astensionismo o andrebbero su altre siglette nuove. Senza il Movimento il Pd non andrebbe da nessuna parte nella sfida con Salvini-Meloni.
D. Qual è la carta vincente di Conte?
R. Il suo gradimento è il retaggio di quanto fatto durante il lockdown, gli italiani hanno apprezzato la sua capacità di affrontare con calma situazioni difficili. E poi, pur non essendo un politico di professione, ha mostrato di saper interloquire a livello internazionale e nella partita con l’Europa ha portato a casa il Recovery plan. Insomma, la sua figura suscita fiducia.
D. Allora Conte a questo punto potrebbe, se va male con i 5stelle, farsi un partito proprio?
R. Può fare tutto, ma elettoralmente sarebbe un flop. Fondare un partito ex novo significa decidere una linea politica, un posizionamento, costruirsi una struttura, insomma è un’incognita.
D. A Mario Monti con Scelta civica non andò malissimo.
R. L’8% di Monti era frutto del consenso al suo operato come presidente del consiglio in un momento molto particolare, in cui l’Italia era data a un passo dal fallimento, Conte invece è già fuori da Palazzo Chigi e il successore Mario Draghi sta governando bene. Inoltre il consenso elettorale personale è sempre estemporaneo, destinato ad essere bruciato in poco tempo. Infatti, Scelta civica non esiste più. Il ragionamento generale è che si sceglie un leader che abbia un partito alle spalle, ma non si vota un partito che non si conosce solo perché ha un leader. I partiti personali, quando non c’è alla guida Silvio Berlusconi, non funzionano. Lo si è visto con Matteo Renzi e Italia viva.
D. Potenzialmente però al partito di Conte i sondaggi danno un certo credito.
R. Potenzialmente…Berlusconi, prima di scendere in campo, aveva un elettorato potenziale del 40%, poi ottenne il 20%; a Monti andò molto peggio, dal 30% all’8,5%. Tutti possono essere potenziali elettori. Ma nelle urne l’elettore vero decide diversamente.
D. Vale anche per la Meloni? ha portato Fratelli d’Italia a essere primo partito del centrodestra nei sondaggi.
R. Fdi è una sigla nuova ma viene da una storia, da un radicamento culturale. Un leader forte come la Meloni tira se ha alle spalle un movimento comunque già sedimentato nel voto degli elettori a cui può dare la sua impronta. Insomma non fa eccezione alla regola. Il solo carisma del capo non paga.