Com’era in privato?
«Una donna speciale. Con me e le mie sorelle è stata fantastica: è piombata nella vita di un padre single con tre bambine, ed è stata una presenza affettuosa, complice. Era una donna sensibile e sapeva leggerti dentro».
Racconti.
«Noi due avevamo questa teoria: che ci legava l’abbandono. Per quel che riguarda me, da parte di mia madre, per lei da parte del padre. Ci consideravamo sopravvissute e questo ci ha legato tantissimo. Mi ha portato in tournée, alle prove di Milleluci. Aprivo la porta e c’erano i suoi vestiti con le paillettes, la musica, c’era energia. Mamma era svedese: sindacalista, femminista, un altro mondo».
Le piaceva stare in casa?
«Era accogliente. Ai tempi di
Milleluci veniva Mina a giocare a scopone, noi bambine sbirciavamo da dietro la porta. Momenti indimenticabili ».
Direbbe che le ha fatto da mamma?
«No. Era assorbita dalla sua carriera, sempre in giro. Però, negli anni, si era creato un legame filiale. Avevamo venti anni di differenza e ci confrontavamo su tutto, era un rapporto vero. Ci citofonavamo. Mi capiva, era empatica».
Faceva da mediatrice?
«A 13 anni avevo deciso di non vedere più mia madre perché non andavo d’accordo con lei. Allora Raffaella mi portò fuori, mi fece parlare, cercava sempre una spiegazione: “Guarda che ha agito così perché...”. Si sforzava di capire gli altri. Anche sul lavoro: non ho mai visto in Raffaella un millimetro di astio nei confronti di nessuno, era appagata della sua carriera. Una donna di una lealtà mai vista».
Con suo padre erano amici.
«Il loro è stato un progetto: i bambini erano le canzoni, i programmi. Il rapporto si è trasformato, come quello con Sergio. Lei ha continuato a lavorare con i suoi uomini, prima di tutto erano colleghi. Costruiva. Ma era anche romantica e molto accudente con le persone che amava: sorprese, regali ».
La convivenza era complicata?
«Era una convivenza sui generis. Noi tre abitavamo con la governante e sullo stesso pianerottolo c’erano papà e Raffaella. Ci vedevamo durante il giorno, porte aperte. Poi loro avevano cene di lavoro, era movimentato».
Ne parla con serenità.
«Per me era normale. Mio padre era presentissimo, certo non era il padre classico che ti accompagnava a scuola. Con Raffaella sognavo. Passavo dal rigore di mamma, impegnata nella sezione del Pci, alle paillettes e al Tuca tuca, cose meravigliose quando hai 12 anni».
Viaggiavate insieme?
«Sì, in tour dormivo con lei. Sapevo lo spettacolo a memoria, i costumi. Raffaella provava tutto il pomeriggio, disciplina incredibile. Si metteva a dieta e non sgarrava mai. Una suora laica dello spettacolo, ma sa la cosa bella? Lavorava h 24, però finito il programma si godeva la vita: la casa al mare, i viaggi, il burraco, gli amici. Non le mancava la tv: “Ho fatto tutto”. Non aveva nessuna smania».
Cosa le ha insegnato?
«La disciplina e l’umiltà. Le cose che ho cercato di trasmettere ai miei figli. Era la Carrà ma era rimasta Raffaella».