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 2021  luglio 06 Martedì calendario

Dior sul filo della memoria

«Ripartire da un filo». Il filo come simbolo, raffinato nella sua semplicità, «di memoria, di cura, di protesta, di resistenza sottile allo strapotere del virtuale». Simbolo di vita, perché in fondo cos’altro non è la vita se non un arazzo multicolore in cui sono ricamate innumerevoli storie e idee, come preziose trame e orditi? E così la sfilata Autunno-Inverno 2021-2022 di Dior haute couture, creata da Maria Grazia Chiuri, si svolge proprio all’interno di un sontuoso arazzo ricamato da mille fili di seta e oro, l’opera Chambre de soie, realizzata dall’artista francese Eva Jospin nel giardino del Musée Rodin a Parigi, una sorta di bozzolo a protezione dal caos cittadino di 350 metri quadrati, realizzato in India, a Mumbai, dall’atelier e dalla scuola Chanakya: «E’ importante, in questo momento di grande crisi, supportare queste realtà artigianali d’eccellenza».
L’intuizione
Il punto di partenza di Chiuri è l’intuizione perché: «Dopo questo lungo periodo di lockdown, nulla sarà più lo stesso». Per tornare in «presenza» bisogna riscoprire una materialità antica e trasportarla nell’epoca del virtuale. Così «il ricamo non è più solo un ornamento decorativo ma un piacere tattile oltre che visivo, un’esperienza reale oltre gli schermi». Alle spalle della ricerca di Chiuri, il libro I fili della vita di Clare Hunter, artista e vera coscienza critica dell’universo del tessile: «Un’opera fondamentale, una riflessione culturale, politica, identitaria sull’arte del ricamo come vero e proprio linguaggio artistico e come espressione di una comunità».
Ricerca tessile 
La sfilata è una festa per gli occhi: l’opera della Jospin si ispira alla Sala dei Ricami di Palazzo Colonna a Roma, decorata con tappezzerie all’indiana intessute d’oro e di seta con motivi tropicali, alberi, uccelli e scimmie: per Dior diventa una scenografia, un prezioso sfondo per abiti lussureggianti di ricami inaspettati, plissé per toilette da sera, strascichi, catene intrecciate a mano che disegnano motivi sul corpo, in mille sfumature di colori naturali, verde (lo scintillante e freschissimo abito da sposa) e sabbia e l’azzurro polvere specialità della Casa. Una serie di pezzi che trovano nella ricerca tessile - con tutte le sue varianti di check, di tweed in diverse dimensioni bianche e nere - la possibilità di trame sorprendenti, spesso uguali per abito, scarpe e borse. Come i coordinati che chiedevano le clienti di un temo. Così la sostanza del tessuto diventa forma, il linguaggio del ricamo diventa show. Non solo: la «Camera di seta» della Jospin gioca anche con l’assonanza del titolo, alludendo alla «Stanza tutta per sé» di Virginia Woolf, un luogo dove custodire la propria essenza. «Per me questi 5 anni da Dior sono stati anni di autoanalisi - confessa Chiuri - il confronto con un’altra cultura mi ha aiutato a mettere a fuoco la mia. Mi sono messa a studiare il perché delle differenze e delle similitudini, non do più per scontate le mie radici», racconta Chiuri, eri sera alla cena Italia Francia con i presidenti Macron e Mattarella: anche la politica internazionale è un filo.
I cigni di Valli 
Una passeggiata notturna nella Ville Lumière, culla dell’Arte della Haute Couture «finalmente riaccesa dopo i lunghi mesi di confinamento». È quello che immagina per la sua donna - e per la prima volta per il suo uomo - Giambattista Valli. Una sorta di Lago dei Cigni metropolitano, con le fanciulle stregate dal mago Rothbart che assumono forma umana solo di notte, non perdendo mai l’eterea bellezza di cigni. Donne straordinarie che si muovono nel glamour della notte parigina fra le luci fluo di un club privato, di una lounge, di un parcheggio, alternate a giovani sensuali vampiri. «Apparizioni mosse dal goût du louche - spiega lui - il gusto del losco dell’avventura senza pensare al domani». Piume sulle camicie, sulle gonne, tra i capelli morbidamente annodati con nastri come collegiali, lunghi impalpabili mantelli in shantung di seta che sembrano spiccare il volo, la dicotomia di bianco e nero immaginata da Ciajkovskij e fotografata da Helmut Newton che si fonde nell’alba finale di un impossibile grigio. Una voluttuosa cavalcata notturna che saluta il nuovo giorno con uno scambio di abiti e di destini.