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 2021  luglio 05 Lunedì calendario

I Diari di Bernabei

Capire la storia d’Italia, del secondo 900, attraverso Ettore Bernabei è un esercizio entusiasmante visto il calibro del personaggio. Che è stato un autentico «cavallo di razza» insieme ad Amintore Fanfani con cui stabilì un sodalizio profondo nella Dc e in quell’intreccio tra partiti, Stato, industria e cultura che al nostro Paese ha dato sviluppo. Basti pensare all’alfabetizzazione degli italiani tramite la Rai, di cui per oltre un decennio e fino al 74 Bernabei è stato stratega e direttore generale. I suoi diari – inediti finora e adesso pubblicati per Marsilio e ottimamente curati da Piero Meucci, Ettore Bernabei il primato della politica, sono pieni di fatti, di indiscrezioni, di giudizi e di tanti personaggi.
I PERSONAGGI
Da Enrico Mattei a Gianni Agnelli, da Enrico Berlinguer a Craxi, per non dire di tutti i democristiani: Fanfani, Moro, Forlani, De Mita. C’è Moro che, 8 anni prima del rapimento e dell’assassinio, definiva «inesistente» lo Stato italiano, come annota Bernabei dopo averlo incontrato l’8 gennaio del 70. E sempre Moro, scrive l’allora dg della Rai, sosteneva che la Dc «ha perduto ogni capacità di guida». Un retroscena questo, così come quello degli incontri con l’ambasciatore sovietico per portare il Pci a votare Fanfani per il Quirinale. O ancora, ecco la morte di Berlinguer, così commentata da Bernabei: «Scompare con lui dopo la morte di Siglienti e di Segni il più autorevole rappresentante della lobby sarda. Rimane ormai solo Cossiga ma con la sola parentela femminile. Con il più potente gruppo di potere che sia esistito in Italia dopo il 45, scompare forse anche un certo tipo di comunismo italiano legato a concezioni aristocratiche e laicistiche ma convinto di mantenere un certo rapporto con il mondo cattolico.
LA SVOLTA
Sarebbe una svolta imprevedibile se alla successione di Berlinguer venisse scelto un Napolitano o altro esponente che puntasse sulla ricostruzione del Fronte popolare in un’alleanza con i socialisti e  i partiti borghesi ripetendo lo schieramento divorzista».
Preoccupazioni da cattolico doc, ma mai integralista Bernabei e la robustezza del suo agire è sempre stata ispirata ai valori di una cristianità di tipo patriottico, fin da quando fu direttore del Popolo e poi anche alla Rai e alla guida del colosso pubblico Italstat e nella fondazione della casa di produzione Lux Vide. Che è stato l’ultimo atto di una esistenza ad altissimi livelli. E oggi avrebbe 100 anni Bernabei, che è morto nel 2016.  
Le descrizioni della Rai dei suoi tempi, impregnata di politica, potrebbe valere anche adesso, ovviamente con altri protagonisti ma sempre protagonisti i partiti. Scrive nel 73: «Alla Rai non è possibile andare avanti sugli attuali schemi politici. Ormai i socialisti vi stanno solo in funzione anti democristiana e credono di realizzare i loro schemi anti democristiani alleandosi con i comunisti interni ed esterni all’azienda, nell’illusione di avere più forze per far fuori i cattolici e impossessarsi delle leve decisive».
Ma questi diari curati da Meucci, giornalista con spiccata sensibilità storica, chiariscono soprattutto una cosa: che la Dc ha avuto sostanzialmente due «cavalli di razza», Moro e Fanfani. Dopo il tramonto dell’era degasperiana, questi due leader hanno dominato la scena per decenni. Solo Giulio Andreotti può affiancarsi a loro. Bernabei dà un giudizio interessante su Moro nel passaggio del compromesso storico, liberando il personaggio (definito «gran sceicco», «incantatore di serpenti» e incluso nella categoria degli «esperti dell’ipnosi») dal cliché dell’amico dei comunisti: «Moro mi è sembrato abbastanza tranquillo sui primi risultati della sua manovra avvolgente messa in atto per contenere il Pci e se fosse possibile imbrigliarlo prima e metterlo in crisi poi».
IL MARTIRIO
Eravamo nel 77. Alla vigilia del martirio dello statista pugliese. Ma leggendo questi diari esce confermata l’impressione che, se dei due «cavalli di razza» Moro è quello il cui ricordo rimane più forte, tuttavia è stato Fanfani a modellare davvero il partito democristiano. Sotto la sua guida, con Bernabei in cabina di regia, la Dc si affranca dalla tutela delle parrocchie e dal clero e diventa un partito più strutturato e organizzato per competere al meglio con il Pci. Inoltre Fanfani, e da queste pagine di diario risulta evidente, ispirato dalla sua formazione cattolico-corporativa, traghetta l’Italia verso un’economia mista in cui l’industria di Stato gioca un ruolo importante nello sviluppo economico e nella raccolta del consenso. Bernabei di questa lunga epopea – sfaccettata e articolata come la trama di un avvincente romanzo politico e in questa chiave vanno letti i sua diari – ha rappresentato la quintessenza.