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 2021  luglio 04 Domenica calendario

Storia delle pentole

Antonio Pacifico ha recuperato i cocci di un’antica pentola del secondo secolo d.C. nelle acque dell’isola di Pag, in Croazia. Francesca Tajè, proprietaria di una buffa pentola a pressione di inizio Novecento ha pensato che valesse la pena conservarla per i posteri. Il calderone del secondo millennio a.C., di uso rituale, arriva da Cala Gonone, in Sardegna. Il colino etrusco, il mestolo romano, la pignatta in terracotta del Cinquecento, il teglione e la bastardella del Settecento sono approdati per vie diverse all’unico e solo Museo della Pentola, fondato nel 1985 da AMC a Rozzano, nell’hinterland milanese (aperto al pubblico e a visite didattiche). Molte sono donazioni di privati, classificate da Ermanno Aslan, direttore del Museo Archeologico di Milano e Orazio Curti, direttore del Museo della Scienza e della Tecnica. In fila, dietro le vetrine sigillate, raccontano la storia non ancora scritta delle culture materiali dal terzo secolo a.C. ai giorni nostri, dal calderone al Navigenio, sistema di cottura intelligente comandato dallo smartphone.

Questi oggetti quotidiani, lontanissimi da noi, ma vicini nel semplice gesto di cucinare, ci riportano indietro come una macchina del tempo. Il calderone etrusco (al Museo ce n’è uno in lamina bronzea) era posato in genere su un fornello a fuoco aperto, mentre i coperchi a forma di campana, abbastanza grandi, con un’ansa alla sommità, erano il” forno”. Accomodato su un piatto, il cibo veniva messo sotto il coperchio e circondato dalle braci calde. Quello che sappiamo sulla cucina etrusca arriva dalle decorazioni funerarie: si vedono i banchetti, le stoviglie, i mestoli. C’erano anche forchette e cucchiai come utensili di servizio, ma non a tavola.

La storia di come mangiavamo è scandita dai materiali e dalle cotture. Le pentole più antiche sono in terracotta e pietra ollare. Il primo metallo usato è il bronzo, seguito dal ferro. Nel 1200 compare una pignatta rivestita da un’armatura come quella dei cavalieri (serve a proteggere la terracotta dal fuoco): oltre alla funzionalità ha una sua eleganza. Sono del Rinascimento invece, le pentole di rame, in uso fino al XIX secolo. Nel Cinquecento troviamo un curioso esemplare: la Stofeja o Stovador, contenitore in coccio con quattro manici per lunghe cotture a base di carne e cereali. Si fanno le pentole, ma non i coperchi. Al loro posto, dischi piatti di ferro o di rame. Nel Settecento, testimonia Menon nella Cuisinière Bourgeoise, il must è la pentola in argento (più che per vanità per il potere antibatterico). Delizioso reperto, sempre settecentesco, è la “tegliuzza” meridionale per verdure ripiene, focacce rustiche, dolci.

La forma dominante è rigonfia e panciuta perché le fiamme lambiscono da ogni lato il recipiente sospeso sul focolare. Poi con la Rivoluzione industriale, nelle stufe a legna o carbone appare la piastra, e le pentole si allargano nel fondo, perché il calore si diffonde dalla base. Diventa popolare lo scolapasta che non serve solo a scolare come suggerisce il nome, ma a scaldare sulla stufa. In mostra c’è anche un prezioso bronzin piemontese per brasati e stufati: la carne era tenuta per 24-48 ore a bagno nel vino e la reazione chimica rilasciava (purtroppo) sostanze nocive, ma nessuno lo sapeva.

La metà dell’Ottocento porta un’altra novità: le pentole di ferro smaltato, sopravvissute fino ai tempi recenti, e i coperchi bombati (ogni pentola ha il suo) mentre a cavallo del Novecento si afferma l’alluminio, grande successo tra le due guerre mondiali. Interessantissimo il portavivande di legno scolpito  (1910-1915) usato dai soldati, romantiche le caffettiere di latta.

E arriviamo, negli anni Trenta, alla bisnonna della pentola a pressione, la pentola elettrica, che ha avuto un momento di gloria televisiva nel 1996. La fonte di calore è all’interno del coperchio, quasi ermetico. Ma la novità più importante, dello stesso periodo, è l’’acciaio inossidabile, lucido, facile da pulire, che dagli anni ’60 in poi manda in pensione terracotta, rame e alluminio. E la storia è finita? Per niente. Alla fine del Museo vediamo la scintillante collezione del sistema Navigenio di AMC: risotto in tre minuti, pesce in due, con il coperchio easy quick, ragù in quindici mettendo tutto assieme, la pasta cruda, senza acqua, il pomodoro e la carne. Un chilo di polpo congelato è a tavola in dieci minuti, e quando è pronto, la pentola avverte con un fischio (si chiama Audiotherm). Le pentole con cui cuciniamo oggi, rischiano di finire, anche loro, dietro una vetrina.