Corriere della Sera, 4 luglio 2021
La laurea in Italia è un’eredità
Quando qualche giorno fa è uscito il rapporto annuale dell’Eurostat sui giovani laureati in Europa con la conferma della maglia nera italiana (peggio di noi solo la Romania), in pochi si sono sorpresi, ancor meno si sono stracciati le vesti. Sì, la ministra dell’Università Cristina Messa ha battuto un colpo, ma nessuno ha risposto. In Italia i 25-34enni con un titolo di istruzione terziario (si dice così) sono il 29 per cento contro una media Ue del 41 per cento. Intendiamoci: il nostro è un ritardo antico, ma il fatto è che progrediamo troppo lentamente (negli ultimi due anni siamo cresciuti di un solo punto percentuale). Colpa di una serie di fattori. Le nostre tasse universitarie sono fra le più alte d’Europa mentre le borse di studio scarseggiano (ne beneficia uno studente su dieci contro una media europea di uno su quattro) e gli alloggi studenteschi sono un miraggio (servono appena il 3 per cento degli universitari). Tutti dati, questi, che si possono leggere nel Piano nazionale di ripresa e resilienza varato dal governo Draghi, che non per nulla ha messo un miliardo in alloggi e 500 milioni in borse di studio, oltre a un altro miliardo e mezzo per raddoppiare gli iscritti agli Its, percorsi di alta formazione tecnica alternativi alla laurea vera e propria che sfornano super periti richiestissimi dalle aziende. Misura che potrebbe servire a recuperare almeno in parte il ritardo dei maschi, fermi al 23 per cento di laureati contro il 35 per cento delle femmine. Peccato, invece, che ancora non si sia riusciti ad ampliare la platea dei beneficiari di esenzioni totali e sconti, nonostante l’Italia sia molto indietro anche su questo. Un’occasione mancata in un Paese dove si fa un gran parlare di meritocrazia ma la laurea resta ancora in gran parte ereditaria, visto che quasi 4 laureati su dieci in Giurisprudenza e in Medicina sono figli di avvocati, notai, medici…