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 2021  luglio 04 Domenica calendario

In morte di Paolo Beldì

Silvia Fumarola, la Repubblica
La cosa più divertente era la telefonata dopo gli eventi: Paolo Beldì notava dettagli che nessuno vedeva. Era un regista raffinato, un precursore: è morto a 66 anni nella sua casa di Magognino (Stresa), tradito dal cuore. Schivo, ironico, la montatura vintage, ha lavorato con i più grandi, da Antonio Ricci ( Lupo solitario, Matrioska, mai andato in onda con Moana Pozzi nuda («Penso che anche Berlusconi rise quando lo censurò») Adriano Celentano ( Svalutation, Francamente me ne infischio, Rockpolitik). Nato a Novara, era legato alla provincia. «Ma non sono un orso, per me non c’è più posto in questa tv» diceva con amarezza. Con Diritto di replica nel 1991, su Rai 3, complice di Fabio Fazio e Sandro Paternostro, rivoluziona il piccolo schermo: «L’ospite si difendeva in tre minuti, io mi divertivo a inquadrare i dettagli: un calzino, la forfora sulla giacca». Con Fazio un lungo sodalizio: Quelli che il calcio (dove lavorò anche con Simona Ventura), Anima mia, due Sanremo. La sua firma è inconfondibile (lo spiega nel libro Perché inquadri i piedi?), i dettagli sono protagonisti: riprese uno spettatore che dormiva in platea durante il festival. Considerava Beppe Recchia il suo maestro, esordì in Rai con Bruno Voglino, colonna della Rai 3 di Angelo Guglielmi. «Faccio il regista », diceva, «ma mi sento un autore, porto il mio linguaggio e scelgo le musiche. Lo stile conta soprattutto nella tv leggera: con l’informazione fa premio il contenuto, nel varietà conta tutto il resto».

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Alessandra Comazzi, La Stampa
La sua era davvero una cabina di regia, e lui l’uomo che cambiò l’idea di regia tv. Entrare laddove il novarese Paolo Beldì metteva in scena il suo spettacolo nello spettacolo era come entrare dietro le quinte di una serieUsa, con lui dietro la consolle a controllare tutte le telecamere, sembrava la Nasa, Houston abbiamo un problema. E adesso se n’è andato, a 67 anni, nella sua casa di montagna a Magognino vicino a Stresa. E’ morto l’altra sera, gli amici lo aspettavano per guardare insieme la partita dell’Italia, ma quella partita non l’ha più vista. Lui che tanto amava il calcio, soprattutto la Fiorentina, di cui era tifosissimo. Quando curava la regia di Quelli che il calcio, ai tempi di Fabio Fazio, aveva reso famoso l’inno dei viola, che mandava in onda non appena qualche azione gliene desse il destro. Non era facile seguire le partite di Quelli che il calcio, soprattutto nei primi anni (la trasmissione nacque nel 1993). E la complicazione era resa efficacemente dal suo: "vai con la uno", o la due o la tre o chissà che. Beldì ha preso la regia tv e l’ha svecchiata, l’ha svegliata. Si era anche permesso il lusso di una cifra stilistica: inquadrava le scarpe. Dell’ospite, dell’intervistato e dell’intervistatore. Era un vezzo, una firma, un marchio di fabbrica. Intorno ai piedi ci sono studi, letteratura, erotismo, e lui sublimava con uno scorcio di telecamera. Ha lavorato per Celentano, per Carlo Conti e per Simona Ventura. Amava la musica, suonava la chitarra, nella sua Novara organizzava serate musicali con una band di vecchi amici, la Bell Fasol band.
Figlio di un pubblicitario, Beldì aveva esordito come comico in radio per poi passare alla regia negli Anni 80 alla Fininvest: con Antonio Ricci aveva realizzato programmi storici, come Lupo solitario e Matrjoska . E poi alla Rai Diritto di replica, Su la testa! con Paolo Rossi, Svalutation e Rockpolitic con Celentano, Anima mia con Baglioni e tre Festival di Sanremo, i due con Fazio nel ’99 e nel 2000, e quello del 2006 con Panariello. E ancora, nel 2019, Ieri e oggi con Carlo Conti: qui, le «stoviglie color nostalgia» di gucciniana memoria, che nutrono tante tavole tv, producevano anche grazie a lui un programma semplice ed elegante, due soli protagonisti in scena. Beldì insomma ha apparecchiato un bel pezzo di storia della buona tv, e non è retorica. Anche per questo non era per nulla contento di non lavorare più, notava come la regia non fosse nemmeno praticata, ormai si inquadra e basta, diceva. Avrebbe compiuto 67 anni l’11 luglio. Auguri, caro Paolo, ovunque tu sia.