Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  luglio 03 Sabato calendario

Biografia di Marianna Zappia (prima ambasciatrice a Washington)

«Essere la prima donna ambasciatrice a Washington è un onore, ed è anche il segnale dell’importanza che istituzioni e società attribuiscono all’empowerment femminile». Marianna Zappia si è appena insediata a Villa Firenze e negli uffici di Whitehaven Street. «L’Italia è sulla strada giusta – dice il giorno il debutto nel nuovo incarico – ne è conferma l’attenzione specifica che il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza e l’agenda della nostra Presidenza G20 riservano al tema».
A 54 anni dall’ingresso delle donne nella carriera diplomatica, ecco un nuovo traguardo. Il più alto, Zappia è abituata a sfondare tetti. Nel 2018, prima rappresentante dell’Italia alle Nazioni Unite, a New York, dopo 70 anni. E nel 2014 prima ambasciatrice italiana presso il Consiglio Atlantico a Bruxelles.
Passi avanti che aprono la strada anche alle altre, conquiste che sono passaggi. Lo sa bene, l’ambasciatrice, che non a caso giovedì, giorno dell’insediamento, elenca tra le missioni, quelle per l’uguaglianza e la parità. «Da alleati – ha detto in un video messaggio – Italia e Stati Uniti lavorano fianco a fianco per contrastare la pandemia e i cambiamenti climatici, per promuovere i diritti universali e l’uguaglianza di genere, per garantire i valori su cui si fondano le nostre bellissime democrazie». Questione di giustizia e non solo. «Combattere le disuguaglianze è essenziale per una migliore ripresa», ricordava qualche mese fa quando, da rappresentante permanente d’Italia presso le Nazioni Unite a New York, interveniva in videoconferenza al Gruppo di amici Onu per l’eliminazione della violenza. E la diplomazia ha bisogno di donne. «Devono entrare a far parte del processo di pace», ha sottolineato in un’intervista a i-Italy. «Una donna in diplomazia, come nella vita, porta con sé una maggiore sensibilità, ha più antenne ed è orientata ai risultati. Non abbiamo tempo da perdere e vogliamo uscire da un incontro con risultati concreti».
IL DOPPIO RUOLO
Sessantuno anni, due figli, e tanti Paesi. Non è stato semplice mettere d’accordo la famiglia con gli incarichi diplomatici. E nel bel mezzo della sua carriera, l’ambasciatrice ha deciso di prendere una pausa, dal 2003 al 2006. «Voglio dedicarmi a mio marito (Denis Caillaux, conosciuto in una missione a Dakar, nel 1990, ndr), a Claire e Christian». Avevano 11 e 7 anni. Una scelta difficile, come lei stessa ha confidato. «Ero a New York, mio marito (all’Unicef) aveva avuto un importante opportunità di lavoro, volevo che la prendesse». Mariangela Zappia per qualche anno ha messo davanti a tutto la famiglia, rischiando anche, «chiedere un congedo familiare ti mette fuori dai radar. Ma puoi farlo, la mia amministrazione era lungimirante».
Di strada ne aveva già fatta parecchia, la ragazza di Viadana (provincia di Mantova) figlia di un ufficiale dell’esercito, abituata ai traslochi. Laurea in Legge a Firenze, dove all’epoca insegnavano Spadolini, Tarantelli, Cassese, già nel 1983 è al ministero degli Esteri, tre anni dopo a Dakar, nel 1990 è console aggiunto a New York, dove torna nel 2000 come primo consigliere presso la Rappresentanza italiana all’Onu. E tanta ancora ne farà. Nel 2007 diventa primo consigliere della Rappresentanza italiana presso le Organizzazioni internazionali a Ginevra, ministro plenipotenziario della Rappresentanza permanente dell’Italia presso le Nazioni Unite a Ginevra nel 2011, consigliera diplomatica e sherpa dei G7-G-20 del presidente del Consiglio (dal 2016 al 2018), consigliere diplomatico di tre premier (Renzi, Gentiloni e Conte).
IL TRAGUARDO
E ora, a Washington al posto di Armando Varricchio, arrivato a fine mandato dopo quasi 5 anni negli States e diretto a Berlino. In lei il Segretario di Stato Tony Blinken e il presidente Joe Biden trovano una convinta sostenitrice del multilateralismo. «La pandemia ha amplificato squilibri e diseguaglianze – ha più volte ricordato – ma si sconfigge solo se la si affronta assieme, rafforzando l’assistenza ai paesi più vulnerabili e trasformando la crisi in un’opportunità di rinnovamento radicale». E ieri è tornata a ripeterlo, nel video messaggio. «La recente missione in Europa del Presidente Biden, la forte sintonia degli Stati Uniti con i Paesi G7, gli alleati Nato e con l’Unione Europea testimoniano un nuovo slancio a favore del lavorare insieme per affrontare sfide comuni», ha detto l’ambasciatrice nel video messaggio di giovedì. L’Italia, promette, «continuerà a giocare un ruolo da protagonista».
L’EVOLUZIONE
In Italia la carriera diplomatica è rimasta vietata alle donne fino al 1960, quanto una sentenza della Corte Costituzionale stabilì l’illegittimità della loro esclusione. Ma si è dovuto attendere il 1967 per vedere le donne debuttare davvero in diplomazia. E da allora altri 54 anni per avere un’ambasciatrice italiana in Usa. Attualmente in Italia ci sono 4 donne ambasciatrici di grado (su 25 in totale) e 22 ministre plenipotenziarie su 83.