il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2021
Intervista a Matilda De Angelis
Su Internet basta scrivere “mat” e a 25 anni Matilda De Angelis è prima, senza gara, davanti a totem come Henri Matisse, Matia Bazar e Matilde Serao. Tutto in appena cinque anni, dopo il suo esordio accanto a Stefano Accorsi (Veloce come il vento), poi la fama internazionale per The Undoing con Hugh Grant e Nicole Kidman e ora è in Atlas per la regia di Niccolò Castelli (distribuito da Vision). È una star del cinema in un mondo dove le star nascono e vivono dentro altri lidi comunicativi. E da star è stata protagonista al Taormina Film Festival.
Anche nel 2016 era in Sicilia: differenza con cinque anni fa?
Ho i capelli più lunghi; poi sono più tranquilla, più a mio agio, so cosa sto facendo. E non vivo il tutto come una bambina di tre anni; (ci pensa) allora era il mio primo Festival e non sapevo neanche cosa aspettarmi.
E poi?
Ricordo l’impatto con il Teatro Greco, e mi sono sentita in mezzo al bello.
In quanti si sbagliano e la chiamano Matilde?
Fortunatamente ora meno.
È un parametro del successo?
Mi fa capire che le persone mi conoscono veramente.
Cinque anni fa non l’avrà fermata nessuno.
Adesso è più frequente, e lo vedo negli sguardi; nel 2016 sono scesa dall’aereo e non mi hanno chiesto alcuna foto, quest’anno sì, come all’imbarco da Roma.
Madame ha rifiutato un selfie mentre mangiava…
Io mai…
Serve un corso per lo status di star?
Ci vorrebbe un corso per accettare la fama; (pausa) bisogna essere seguiti, ricordarsi cosa è cosa, pure nei momenti non semplici. Comunque è una questione caratteriale.
E lei?
Quando non sono al centro dell’attenzione divento piuttosto riservata. Non amo polarizzare se non mi viene chiesto per lavoro; (sospira) per una persona come me, accettare di esser guardata spesso, fermata spesso, osservata, fotografata, può risultare difficile.
Quindi…
Bisogna lavorarci sopra.
Visti i suoi tanti impegni extra-set, non ha mai l’istinto di dire “volevo solo recitare”?
No, è un aspetto del lavoro: è importante comunicare e un film, oggigiorno, è necessario venderlo.
Quale frase che le hanno affibbiato l’ha ferita?
Che sono presuntuosa e di tirarmela. Non è vero. Sono molto diretta, sono come sono; posso apparire presuntuosa, invece mi metto sempre in discussione, come poche altre al mondo.
Il suo primo provino.
Per il film Veloce come il vento: era a Bologna, con una fila lunghissima di aspiranti. Arrivo tardi, firmo e me ne vado. A un certo punto sento la responsabile del casting che urla “no, non deve andare via”.
Addirittura.
Il mio nome le era stato fatto da un amico comune, quindi lei mi aveva già studiata, e le interessavo dal punto di vista estetico.
Perfetto.
Neanche avevo capito bene qual era il ruolo: credevo fosse per un personaggio minore, non la coprotagonista, quindi ero tranquillissima.
Oggi è sempre tranquilla?
Sono più consapevole, più attiva e i provini mi divertono molto.
Secondo Dario Fo, per un attore rubare è fondamentale…
Non rubo, piuttosto osservo. Ho studiato. Ho capito.
Cosa?
Tanto. Ho interiorizzato come si sta in mezzo al prossimo, come ci si comporta sul set con i colleghi e gli altri reparti. E ci vuole quella consapevolezza per non essere dei burattini in mano a una macchina più grande di te.
Tradotto?
Bisogna preservare la propria energia e integrità; quindi sul set si possono avanzare proposte e richieste. Prima ero passiva.
A che ha rinunciato?
A delle cose, ma niente di grave.
È di Bologna: Guccini o Dalla?
Dalla.
Gigi o Andrea?
Gigi.
Prodi o Casini?
(Voce raccapricciata) Una roba un po’ più recente, no? Non mi riguardano.
Lei a un reality.
Per ora no; ma non si sa mai.
Chi è lei?
Io sono io.