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 2021  luglio 03 Sabato calendario

Il mare di pastica

Reti, tubolari e resti di piccole plastiche invadono il nostro mare. In particolare l’Adriatico, all’altezza del Gargano. Una ’zuppa’ di plastica che nessuno vorrebbe mai incontrare e invece è così. Anche in quelle località più protette come appunto le isole Tremiti o il Nord della Puglia. «Ci siamo imbattuti in uno scenario chooccante con enormi quantità di rifiuti» racconta Giuseppe Ungherese, responsabile di Greenpeace Italia. A poche ore dall’entrata in vigore della direttiva europea che blocca la vendita di materiali in plastica monouso, la campagna ’Difendiamo il mare’ dell’associazione ambientalista lungo il mare Adriatico denuncia ancora una volta l’inquinamento dei nostri mari. «Abbiamo rilevato picchi di contaminazione nella zona della laguna di Lesina e Varano – prosegue Ungherese – proprio in questa area dell’Adriatico, dove, per via della corrente marina caratterizzata da un grande vortice in senso antiorario dai Balcani verso l’Italia, l’inquinamento da plastica è particolarmente rilevante». Si tratta soprattutto di rifiuti riconducibili all’attività della pesca, che insieme alla plastica monouso la fanno da padrone nei nostri mari. Non solo nelle acque ma anche sulle spiagge. Lo scopo della spedizione di ricerca ’Difendiamo il mare’, partita lo scorso 29 giugno lungo il Mare Adriatico centromeridionale, è quello di valutare la presenza e la distribuzione delle microplastiche (le piccole particelle di plastica invisibili all’occhio umano) nella colonna d’acqua, a differenti profondità, e negli organismi marini che vengono pescati e finiscono sul bancone del pesce. I risultati permetteranno di ampliare i dati presenti in letteratura scientifica, arricchire il bagaglio di conoscenze disponibili e fornire informazioni chiave ad enti pubblici e aziende, con l’obiettivo ultimo di individuare gli interventi necessari da attuare. La spedizione è organizzata in collaborazione con la Fondazione Exodus di don Mazzi, che mette a disposizione la barca a vela Bamboo.
Come evidenzia il rapporto
Plastic Litter in the Adriatic Basin presentato pochi giorni fa, a livello globale si stima che ogni anno finiscano nei mari del Pianeta 640mila tonnellate di reti e altri attrezzi da pesca, ovvero circa il 10 per cento di tutti i rifiuti in plastica dispersi in mare sono rappresentati da tali oggetti, una trappola mortale per tartarughe, uccelli marini e cetacei. Inoltre, solo una minima parte di queste attrezzature è riciclata: secondo alcune stime, in Europa il riciclo non supera l’1,5 per cento.
«La plastica che vediamo in mare è solo la punta dell’iceberg di quella presente, perché oltre il 95 per cento di questi materiali è sotto forma di microplastiche, particelle microscopiche, invisibili a occhio nudo, ingerite da tutti gli organismi marini e in grado di indurre effetti subdoli
e spesso difficili da diagnosticare», afferma Francesco Regoli, direttore del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università delle Marche.
Riguardo i rifiuti spiaggiati, un’analisi effettuata lungo le coste italiane ha evidenziato che in Adriatico si registrano le maggiori densità: fino a 590 oggetti in 100 metri di spiaggia, con gli attrezzi da pesca tra i rifiuti più frequenti. Per quel che riguarda i rifiuti galleggianti, indagini comparate in diverse zone marine circostanti l’Italia evidenziano che in Adriatico si raggiungono, in media, le densità più elevate, con più di 52 oggetti rilevati per chilometro quadrato. Dall’indagine emerge come i manufatti in plastica siano i più frequenti (principalmente frammenti, bottiglie, contenitori, involucri, imballaggi e borse della spesa), seguiti dal polistirolo espanso, impiegato anche nel settore della pesca, per il quale sono state registrate concentrazioni fino a un massimo di circa 34 oggetti per chilometro quadrato nell’Adriatico meridionale. Analisi preliminari indicano che, sui fondali dell’Adriatico, le maggiori densità di rifiuti si riscontrano negli ambienti costieri ed entro i 30 metri di profondità. Il 50% dei rifiuti in plastica è rappresentato da reti da pesca e retini tubolari per l’allevamento delle cozze, mentre gli altri manufatti più frequenti sono imballaggi e confezioni monouso come sacchetti, bicchieri e bottiglie.
«Il recepimento della direttiva europea sulle plastiche monouso, che dovrebbe avvenire entro il 3 luglio, sarebbe un’ottima occasione per ridurne subito l’impiego – sostiene Ungherese – Eppure, all’entrata in vigore della direttiva, non abbiamo ancora alcuna indicazione dal ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani sul decreto di recepimento. Non si accompagna il Paese verso una reale transizione ecologica se tonnellate di plastica continuano a finire nei nostri mari».