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 2021  luglio 02 Venerdì calendario

Intervista a Miriam Fatima Sylla

CAORLE C’è un momento in cui Miriam cede alla commozione. La domanda è innocua («Quanto è amica di Paola Egonu?»), però scatena una burrasca interiore e la risposta procede tra singhiozzi e lacrime: «Quando nel 2018 mancò mia mamma mi disse che avrebbe mollato ogni cosa e sarebbe venuta con me. Non è da tutti: e lei giocava ancora a Novara…». Non è da tutti nemmeno aprire il proprio cuore, però ci vuole poco per afferrare che Miriam Fatima Sylla (nulla di «miracoloso»: Fatima era la nonna paterna) è una ragazza formidabile. Oltre che la nuova capitana, con radici africane, dell’Italia rosa del volley. La sua è una vita da film, la storia di integrazione e di emancipazione. Oltre che di dolori, tenacia e riscatto.
Capitana, nostra capitana: si è calata nel ruolo?
«Ora sì, prima mi pareva di essere una ladra e di aver rubato la parte a Cristina Chirichella: le ho parlato. Andando in ritiro mi ha poi sfiorato l’ansia di non essere all’altezza: sembra che non cambi nulla, invece cambia tanto. Però basta non pensarci…».
La sua famiglia ora è in Lussemburgo.
«Da due anni non vedo papà, che lavora sui treni, mio fratello e mia sorella. La famiglia mi manca e a 25 anni ho perso un cardine: la mamma è… la mamma. Ed è morta tra le mie braccia».
Che cosa sente di avere della Costa d’Avorio?
«Le radici: il legame sarà eterno. Non ho mai avuto modo di conoscerla, rimedierò».
Miriam Sylla è più italiana o più siciliana?
«Ma se sono siciliana non sono italiana?»
Certo che lo è. Era per enfatizzare che la Sicilia ha avuto un ruolo centrale.
«A Palermo c’è il mio inizio ed è il luogo dei nonni adottivi. Ha sole, caldo, allegria: mi assomiglia».
Nonni «speciali» li ha definiti.
«Sono angeli. Mio padre è stato fortunato a incontrarli. Se mia nonna non gli avesse dato un passaggio, io che cosa sarei stata?».
Come andò quella volta?
«Papà era arrivato a Bergamo. Dormiva alla Caritas. Ma faceva freddo e mio zio soffriva: così si trasferirono al Sud. Una sera quella signora, rientrando a casa in macchina, vide mio padre e lo aiutò. Lui cominciò a lavorare per la famiglia, poi mia mamma lo raggiunse: quando nacqui io, queste due persone si affezionarono. Alla nursery facevano vedere a mia nonna tutti i bimbi bianchi. E lei: “No, è quella lì”. L’infermiera strabuzzava gli occhi…».
Paola Egonu superstar. Ma Miriam Sylla non merita pari attenzione?
«Paola è una stella che brilla: strega con gli occhi, di un’espressività senza pari. È nata per il volley. Io pure, ma un po’ meno. Però non mi sento in disparte».
Carlton Myers, alfiere a Sydney 2000, ragazzo di colore, disse: l’Italia è razzista. Dopo 21 anni la situazione è migliorata?
La stella
Egonu è una stella che brilla, strega con gli occhi, è nata per il volley: io pure, ma un po’ meno
«Non vorrei scatenare polemiche, più volte mi è stato detto di fare solo l’atleta: però uno sportivo ha anche una testa pensante. Non si può generalizzare, ma nemmeno sostenere che l’Italia non è razzista: sarei tonta a crederlo».
Perdona se sente usare l’espressione «negro»?
«Che uno lo dica per insultare o tanto per parlare, io lo correggo. E spiego che i compagni mi prendevano in giro, mi svuotavano lo zaino nel pullman e non mi facevano sedere accanto a loro. Non gliela farei passare liscia: non odio, ma evito di perdonare».
È vero che a scuola tirava i banchi?
«Mamma mia, è capitato solo una volta… A casa regnava la povertà, io cercavo di essere pacata. Sfogavo a scuola quello che avevo dentro: non rifarei nulla, ma si sbaglia per imparare».
Che cosa pensa quando legge dei barconi dei migranti che affondano?
«Che su uno scafo sarei potuta finire pure io. E mio padre avrebbe potuto essere uno che lavorava nei campi per 2 centesimi all’ora».
Si è battuta per lo jus soli…
«Non avrei dovuto? Per 10 anni ho avuto un passaporto verde, pur non essendo stata in Costa d’Avorio ed essendo nata e vissuta in Italia. Ho avuto una crisi d’identità: sono italiana o no?».
È vero che farebbe la ragazza madre?
«Se non trovassi la persona con cui condividere la vita, potrei farlo».
C’è un personaggio che ammira?
«Fiorella Mannoia. Sono andata ai suoi concerti: trasmette energia, positività, forza. Mi piacerebbe assomigliarle».
Gusti e debolezze di Miriam Sylla.
«Dopo la pandemia apprezzo ancora di più stare in compagnia, chiacchierare, dire due cavolate. Mi diverto a vestirmi a modo mio: non troppo stravagante, ma con stile e seguendo l’umore. Sì, voglio essere anche piacente. Debolezze? Mi autoflagello».
Com’è la storia dei «gratta e vinci» di coach Mazzanti?
«Li mette in palio per gli esercizi più difficili: chi li fa meglio, li prende».
I Giochi
Se a Rio non eravamo pronte, ora siamo ragionevolmente competitive
Tutti vogliono che a Tokyo vinciate una medaglia.
«Di quello che vuole la gente, scusate, non ci importa. Conta ciò che desideriamo noi. Ma se a Rio non eravamo pronte, ora siamo ragionevolmente competitive. In caso di podio mi taglierò i capelli e li farò biondi. Se vinceremo, vi racconterò una bella storia».