Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  luglio 02 Venerdì calendario

Sul tavolo del divorzio tra Grillo e Conte ci sono 13 milioni di euro

Come in ogni divorzio, dopo liti più o meno furibonde, il momento in cui si devono fare i conti arriva, sempre e comunque. E sul tavolo del drammatico braccio di ferro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte ballano quasi 13 milioni di euro l’anno.
A tanto ammonta (per la precisione 12,6 milioni) la sola voce dei rimborsi ai gruppi parlamentari del Movimento, la «benzina» essenziale per consentire il funzionamento della «macchina» e dell’attività politica dei Cinque Stelle, che non percepiscono finanziamenti privati e devono contare sui contributi degli eletti, molti dei quali non versano più da tempo.
La scissione, con la possibile nascita del Partito di Conte, oltre che politica è una mera questione di denaro. Alla Camera, il Movimento percepisce circa 53 mila euro l’anno per ciascuno dei 161 deputati «reduci» rispetto al boom elettorale del 2018, quando erano ben 222. Mentre a Palazzo Madama lo Stato rimborsa ai pentastellati circa 55 mila euro per ciascuno dei 75 senatori rimasti (all’inizio erano 112). Rispettivamente, pallottoliere alla mano, si parla di 8,5 e 4,1 milioni l’anno.
Inoltre, in questa diaspora che pare sempre più imminente, c’è la gestione di oltre 130 dipendenti che consentono il funzionamento della macchina parlamentare grillina: circa 80 a Montecitorio e 55 al Senato. In caso di scissione, molti di loro dovrebbero essere licenziati perché verrebbero a mancare i fondi per gli stipendi. E del loro futuro che ne sarebbe? Con quale dei nuovi «partiti»?
Quando la rottura sembrava ormai avviata, sono nati numerosi interrogativi che hanno spinto gli emissari di Grillo e Conte a rimettersi al tavolo per cercare una via d’uscita. Ma quello spiraglio sembra ormai essersi richiuso, specie vista la determinazione del professore.
L’ex premier, per porre le basi e costruire un partito tutto suo, ha bisogno di soldi, e non pochi. Il primo passo, in questo percorso, sarebbe la creazione di due nuovi gruppi parlamentari. Alla Camera, dove secondo ipotesi ottimistiche l’ex premier sembra poter contare su 80 eletti, il gruppo contiano potrebbe nascere più facilmente, perché il regolamento è meno stringente. Al Senato, invece, dove le norme sono più rigide contro il trasformismo, il gruppo di Conte dovrebbe per forza fare un tandem con un partito che si era presentato alle elezioni del 2018 con un proprio simbolo: potrebbe essere il Maie. È la stessa strategia che Matteo Renzi, nel settembre 2019,mise in atto quando varò la scissione dal Pd, sfruttando il simbolo del Psi. Con la nascita di Italia viva, portò via al Nazareno non solo 41 parlamentari, ma anche oltre 3 milioni di euro.
Superato lo scoglio dell’arruolamento delle truppe a Montecitorio e Palazzo Madama, per Conte si porrebbe poi il problema di fondare un partito ex novo. «Con quali fondi? – si chiede maliziosamente un fedelissimo di Grillo – Finanziamenti dai privati? Quelli che abbiamo sempre rifiutato in nome della trasparenza?».