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 2021  luglio 02 Venerdì calendario

Con il green pass per fare il check in ci vuole un’ora e mazze in più

Codici QR degli esiti negativi dei tamponi che non vengono considerati in accettazione, test anti-Covid richiesti a un gruppo di passeggeri, ma non ad altri su uno stesso volo, moduli di localizzazione (Passenger locator form) compilati via web per un Paese, ma solo su carta per un altro. L’estate in Europa rischia di diventare una corsa a ostacoli e di ore di coda ai banconi dei check-in per i vacanzieri alle prese con diversi requisiti d’ingresso. Le organizzazioni internazionali che rappresentano le compagnie aeree e gli aeroporti denunciano che tra i 27 Paesi membri dell’Unione europea ci sono almeno dieci modalità di verifica di uno stesso certificato Covid digitale dell’Ue. Cosa che oltre a non aiutare nel decollo della stagione turistica, rischia di imbottigliare centinaia di migliaia di persone negli scali.
E le conseguenze si vedono già: soltanto per il check-in i tempi richiesti sono aumentati del 500%, balzando a qualcosa come 12 minuti a persona. «Ai valori attuali di traffico, ancora lontani da quelli pre-Covid, i passeggeri stanno perdendo in media un’ora e mezza in più in aeroporto, cioè il doppio del solito», denuncia Willie Walsh, numero uno della Iata, l’associazione globale che rappresenta la maggior parte dei vettori. Quando i flussi torneranno al 75% dei livelli del 2019 – stima la Iata – il tempo richiesto dall’ingresso al terminal fino all’imbarco può toccare le sei ore soprattutto per i controlli sanitari richiesti ai banconi dell’accettazione o ai controlli di frontiera. Agli stessi volumi del 2019, invece, si raggiungerebbero le otto ore.
Per questo Airlines for Europe, Airports Council International, European regions airline association e International air transport association hanno scritto ai capi di Stato e di governo del Vecchio Continente una lettera di quattro pagine in cui lamentano la mancanza di coordinamento e i diversi approcci. «Con l’aumento del traffico passeggeri nelle prossime settimane il rischio di caos negli aeroporti europei è reale», avvertono.
Da ieri in teoria basterebbe il codice QR sul cellulare – rilasciato dopo la doppia vaccinazione o l’esito negativo di un tampone o l’esser guarito dal Covid – per muoversi liberamente all’interno dell’Ue. Ma questa certificazione digitale non è ancora riconosciuta da tutti i Paesi. In alcuni casi non può nemmeno essere verificata alla frontiera o al check-in perché o mancano i dispositivi di lettura – pure in diversi scali italiani come ha potuto constatare il Corriere – oppure perché il test deve essere stampato. C’è poi l’altro problema: la compilazione del «Passenger locator form». L’Italia è l’unico Paese a prevederlo in formato digitale, gli altri Stati forniscono un foglio di carta da consegnare durante il volo agli assistenti di bordo (come sui collegamenti per la Francia) oppure da mostrare al momento del check-in, cosa che aumenta i tempi richiesti e le code.
Per questo le associazioni chiedono la massima digitalizzazione dei processi di verifica e di ridurre al minimo i disagi. Soprattutto per non far perdere la pazienza ai clienti.