La Stampa, 1 luglio 2021
Il covid nel pallone
Lo stadio come incubatore del Covid. È stato considerato tale fin dall’inizio, da quella sera del 19 febbraio 2020 a San Siro: Champions League, Atalanta-Valencia, secondo molti esperti (e vari studi epidemiologici) la “partita zero”, una bomba per la diffusione del virus. Sedici mesi dopo, passati quasi ovunque con gli stadi chiusi al pubblico e il calcio solo in tv, rieccoci qui. A guardare con preoccupazione gli spalti gremiti di questi Europei, che l’Uefa ha organizzato itineranti, spalmati in undici diverse città del continente. La scelta peggiore, a posteriori, ma presa quando il “green pass” non esisteva e la quarantena la vedevamo solo nei film. Ora, arrivati ai quarti di finale, con la variante Delta in espansione in vari Paesi, il “Covid nel pallone” torna d’attualità. E, per quanto ci riguarda, l’allarme riguarda la partita di sabato sera, allo stadio Olimpico di Roma, tra Inghilterra e Ucraina.
"Inglesi state a casa"
Si teme l’arrivo nella capitale dei tifosi inglesi, nonostante dal 18 giugno sia in vigore un’ordinanza del ministro della Salute, che impone la quarantena obbligatoria di cinque giorni per chi proviene dal Regno Unito, il Paese più colpito dalla nuova variante (26mila casi nelle ultime 24 ore). Dunque, solo chi si trova in Italia già dallo scorso weekend potrà prendere posto all’Olimpico. «Non possiamo correre rischi. Se un tifoso inglese parte oggi, non vedrà la partita», assicura il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa. Dalla Regione Lazio, il presidente Nicola Zingaretti chiede «il rispetto della legge e attenzione alla problematica della variante Delta», mentre il suo assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, avverte che «l’isolamento va fatto, la Prefettura e il ministero dell’Interno sono allertati per garantire il rispetto delle misure prese». Il Viminale intensificherà i controlli su aeroporti, stazioni e principali strade per evitare possibili infiltrazioni via terra e provare a intercettare arrivi in aereo strategici, con scalo in altre città europee: chi non rispetterà le regole sarà punibile sia con una multa che penalmente. Va detto che le stesse disposizioni valgono anche per i tifosi dell’Ucraina, i quali dovrebbero peraltro rimanere in quarantena per un tempo doppio rispetto agli inglesi. D’altra parte, la stessa Federcalcio inglese ha deciso di non mettere in vendita in Gran Bretagna il pacchetto di biglietti riservati ai propri tifosi, in tutto 2.560 posti, che saranno assegnati solo ai britannici residenti in Italia. E da Londra non è arrivata alcuna richiesta al governo italiano per allentare le restrizioni, mentre è stato diffuso l’invito ai cittadini a non partire: «State a casa, non andate a Roma. Tifate più che potete dalla tv».
Il caso Wembley
Del resto, Mario Draghi ha già avuto modo di polemizzare con Boris Johnson a proposito dell’opportunità di disputare nello storico stadio londinese di Wembley le due semifinali e la finale del torneo. Troppo rischioso con gli attuali contagi registrati sull’isola, meglio spostare altrove le partite, il parere del premier, condiviso dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dalla stessa Commissione europea. L’Uefa, però, non sembra intenzionata a cambiare i piani e, anzi, è stato confermato l’ulteriore aumento della capienza di Wembley, con conseguente riduzione del distanziamento: dai 25mila spettatori accolti nelle tre partite del girone si è passati a circa 45mila presenze per le sfide degli ottavi, Italia-Austria e Inghilterra-Germania, e si arriverà a 60mila posti occupati per la fase finale, due terzi del totale. L’ultimo, in ordine di tempo, a esprimere dubbi in proposito è il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri: «Non dico di non disputare la partita – ha spiegato a Radio Capital – ma magari di mettere controlli e filtri maggiori, tipo il doppio tampone, una quarantena per chi vede la partita, delle procedure che consentano di proteggere dalla diffusione del virus».
I contagi sugli spalti
Anche perché l’esperienza dovrebbe suggerire prudenza. Dalla Scozia fanno sapere che quasi 2mila tifosi sono risultati positivi al Covid nelle ultime due settimane, dopo aver assistito alle partite della loro nazionale agli Europei, allo stadio o in eventi collettivi. Due terzi dei contagiati erano a Londra durante la partita Inghilterra-Scozia del 18 giugno: 397 erano sugli spalti di Wembley, il resto ha partecipato a visioni di gruppo in piazze o locali. La scorsa settimana, poi, le autorità finlandesi hanno individuato almeno 120 tifosi positivi, di rientro da San Pietroburgo, dove la loro nazionale aveva affrontato il Belgio. Ma i contagiati tra gli scandinavi potrebbero essere di più, perché alla frontiera erano troppi e non è stato possibile testarli tutti. Lo stadio di San Pietroburgo ha già ospitato sei partite di questi Europei e domani, con capienza al 50%, si giocherà lì il quarto di finale tra Spagna e Svizzera. Nonostante la richiesta da parte delle autorità sanitarie locali di vietare le manifestazioni di massa, a causa del crescente numero di contagi in città: 1500 nuovi positivi e 111 morti in 24 ore (669 in tutta la Russia) secondo l’ultimo aggiornamento. La sintesi, non certo ottimistica, la fa Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza: «Aumento dei casi tra i tifosi che tornano a casa da stadi affollati e senza mascherine, irragionevolezza e compiacimento sono sempre stati la causa del dilagare delle epidemie».—