la Repubblica, 1 luglio 2021
I limiti della società civile
Non solo non si trova personale per i ristoranti. Non si trovano nemmeno candidati sindaci per il centrodestra. Nel primo caso, a ragione o a torto, si tira in ballo il reddito di cittadinanza. Ma nel secondo? Possibile che nemmeno la famosa “società civile”, serbatoio inesauribile di tutte le svolte politiche dell’ultimo trentennio – da Tangentopoli in poi – sia insensibile all’appello? Possibile che dai capannoni leghisti, dai serbatoi bocconiani, dalle ridotte confindustriali, non salti fuori, già con la sua brava fascia tricolore, l’imprenditore che sa parlare al popolo, il manager che prevede il futuro, il patriota che sa come servire la Nazione?Il sospetto, a questo punto, è che sia la committenza, ovvero i tre partiti che formano, con impari forze, il sedicente centrodestra (quattro quinti sovranisti, un quinto europeista, come il gin nel Campari shakerato) a spaventare i candidati sindaci.Dare la faccia al centrodestra, oggi in Italia, significa darla a Salvini, Meloni e Berlusconi, ed è una scelta decisamente impegnativa. La società civile ha tanti pregi, ma anche tanti vincoli, quasi tutti comprensibili.Come spiegherebbe alle signore del Rotary, l’imprenditore Tizio, che i suoi sponsor politici sono per l’affondamento dei barconi, una cosa, prima che di destra, veramente maleducata? E che cosa avrebbe da spartire il professor Caio, liberista convinto, una vita per il mercato, con il populismo della Giorgia, reginella delle periferie romane? I borghesi che non sono di sinistra faticano molto a essere di destra. Per candidato sindaco di questa destra, dunque, qualche tribuno della plebe o qualche mestierante di lungo corso, alla La Russa, sono la soluzione più logica.