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 2021  giugno 30 Mercoledì calendario

Dalla crisi dei 5S emerge Di Maio


Lo psicodramma un po’ grottesco continua e ogni giorno si scende qualche gradino nella scala che porta ai sotterranei della politica. Il narciso storico, Grillo, ha trattato con totale disprezzo il narciso sfidante, Conte, e gli ha dato dell’incapace. Vale a dire che lo ha colpito nella vanità e nell’orgoglio.
L’ex premier ha infatti costruito il suo profilo e, va detto, la sua popolarità scandita dai sondaggi sull’idea di essere stato un presidente del Consiglio straordinario nella stagione in cui esplodeva il Covid e poi quando c’era da trattare con l’Unione le cifre del Recovery. Non solo: Conte crede o finge di credere d’essere stato disarcionato da un complotto di palazzo nel pieno dell’azione di governo. Qui nasce la sua pretesa che Grillo gli consegni le chiavi del movimento, o di quel che ne rimane, riconoscendogli doti superiori messe in mostra nei due anni e mezzo trascorsi a Palazzo Chigi alla testa di due maggioranze opposte.
Viceversa il narciso storico ha cancellato con due frasi spietate questa immagine e idealmente ha rigettato lo sfidante nello studio legale da dove era venuto, ancora sconosciuto al grande pubblico. È una rottura? Sì e no. È più che altro un modo sprezzante per dire a Conte che l’Elevato, la guida suprema dei 5S, non accetta nemmeno la sfida. E che ora tocca all’ex premier rientrare nei ranghi con la coda fra le gambe oppure scegliere di andarsene per inseguire altre avventure.
Ma essendo privo di doti politiche e di abilità manageriali, è da escludere, sottintende Grillo, che il narciso numero due riesca a mettere in piedi un suo partito o a varare qualche altra iniziativa politica di successo.
Tutto questo avviene nelle ore in cui Luigi Di Maio (il migliore dei ministri degli Esteri, secondo le parole del fondatore) s’intrattiene con il segretario di Stato americano e poi gestisce a Matera il G20, lanciando progetti contro la fame nel mondo. La logica vorrebbe che adesso fosse proprio Di Maio a guidare la pattuglia parlamentare dei 5S, pur sempre la forza di maggioranza relativa in Parlamento. La scelta frantumerebbe il mondo “grillino”, peraltro già a pezzi, ma non metterebbe a rischio il governo Draghi. Non dimentichiamo che Di Maio, a differenza di Conte, è un sostenitore senza riserve dell’esecutivo. Ne incarna l’anima, diciamo così, istituzionale e può andare d’accordo senza problemi con Grillo: primo, perché non lo sfida e anzi lo lusinga; secondo, perché rispetta i rapporti di forza. Fa lo stesso nei confronti di Mario Draghi, consapevole di quanto sia ridicolo attaccarlo in forme velleitarie, senza sapere poi in quali mari navigare in Italia e fuori Italia.
Il sistema politico è troppo debole per costruire a breve termine un’alternativa all’esecutivo di unità nazionale.
L’autorità della presidenza del Consiglio è percepita in modo netto proprio perché Draghi può permettersi di decidere e andare avanti senza subire i ricatti partitici. Palazzo Chigi tende ad avere buone relazioni con tutti i segmenti della coalizione, ma poi procede senza esitazioni. Lo si è visto con l’abo lizione del cashback. I 5S protestano in nome di una vecchia linea che i fatti delle ultime ore dimostrano essere moribonda. Il domani richiede idee nuove e un diverso dinamismo. Certe guerricciole appartengono a un altro tempo. E ora spetta anche al Partito Democratico ripensare una strategia che aveva in Conte l’alfa e l’omega di un’alleanza ormai sbrecciata.