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 2021  giugno 30 Mercoledì calendario

Con Lapid negli Emirati, Israele pensa al business

TEL AVIV – «Israele vuole la pace con tutti i suoi vicini. Il Medioriente è casa nostra, siamo qui per rimanere: chiediamo a tutti nella regione di riconoscere questo fatto. Venite a parlarci». Guarda ben oltre Abu Dhabi il messaggio di Yair Lapid durante l’inaugurazione dell’ambasciata israeliana nella capitale emiratina. Il neoministro degli Esteri è atterrato ieri negli Emirati per la prima, storica visita ufficiale di un membro di governo israeliano dalla firma degli Accordi di Abramo a settembre. L’invito degli emiratini è giunto poco dopo gli 11 giorni di conflitto tra Israele e Hamas e testimonia la tenuta degli Accordi al primo test diplomatico tra i due Paesi. Oggi Lapid inaugurerà il consolato a Dubai, il padiglione Israele all’Expo e terrà incontri con imprenditori e comunità ebraica locale, cresciuta sostanzialmente dalla firma dell’intesa estesa poi anche a Bahrein, Sudan e Marocco. «Siamo felici di mostrare al ministro come siamo stati accolti dalle autorità e dalla gente», dice a Repubblica Alex Peterfreund, vicepresidente del Consiglio ebraico degli Emirati, parte dell’Associazione delle Comunità ebraiche del Golfo (Arabia Saudita e Qatar comprese), un altro frutto degli Accordi che costituiscono il fiore all’occhiello della politica estera di Trump e Netanyahu, che Lapid ha ringraziato nel suo discorso. Nel faccia a faccia tra Lapid e l’omologo Abdullah bin Zayed Al Nahyan, l’Iran è stato uno degli argomenti, mentre a Washington Biden garantiva al presidente Rivlin in visita «che sotto la sua guardia non ci sarà mai un Iran nucleare». Ma l’economia è il vero motore di questa intesa: i due ministri hanno siglato un nuovo accordo quinquennale di cooperazione economica e commerciale. Cooperazione in realtà consolidatasi senza attendere le formalità della diplomazia già nei dieci mesi trascorsi da quel 13 agosto in cui l’emiro Mohammad bin Zayed ha cambiato la rotta della tradizionale politica araba per cui «non c’è normalizzazione con Israele senza una risoluzione del conflitto con i palestinesi». A oggi, oltre 200.000 israeliani hanno visitato Dubai sorvolando lo spazio aereo saudita per non scontata concessione di Riad. All’Università di Herzelia, il primo studente emiratino ha inaugurato la stagione degli scambi accademici. Il commercio tra i due Paesi ha già superato i 300 milioni di dollari. Settori leader: cyber, salute e rinnovabili. Asher Fredman, Ceo di “Gulf-Israel Green Ventures”, dice a Repubblica che nei prossimi cinque anni sono previsti 480 milioni di dollari di investimenti in energie verdi, in primis tecnologie per il riciclo delle acque e agricoltura in condizioni climatiche estreme.
Il Segretario di Stato Antony Blinken si è congratulato per la «storica visita», sottolineando che gli Usa lavorano per estendere la cerchia delle normalizzazioni e «creare un futuro più pacifico, sicuro e prospero per tutti i popoli del Medioriente». Per smarcarsi dall’eredità trumpiana degli Accordi, la nuova amministrazione sa che deve incassarne di nuovi. Ci sono lavori in corso: tra i nomi più papabili l’Oman – che di fatto è quasi dentro, Netanyahu aveva visitato Mascate nel 2018 – e la Mauritania, che dal 1999 al 2009 ha avuto rapporti diplomatici con Israele. Il complesso rapporto Biden- Mbs fa pensare che Riad non sarà la prossima. Diverse fonti credono che la vera scommessa sia sul Pakistan, dove l’erede al trono saudita vorrebbe testare la reazione dell’opinione pubblica di un altro grande Stato sunnita prima di tendere la mano allo Stato ebraico.