Corriere della Sera, 29 giugno 2021
In Alto Adige troppi no vax. Intervista al governatore Arno Kompatscher
BOLZANO Turismo che dopo il lockdown ha già ripreso a viaggiare, contagi bassi e regole provinciali che, in virtù dell’Autonomia, hanno consentito di anticipare le riaperture. Tuttavia il modello altoatesino ha i piedi di argilla: la provincia di Bolzano infatti è la Regione italiana in cui è maggiore la percentuale di popolazione non ancora vaccinata. Più della metà. Una maglia nera che rischia di compromettere la ripartenza, avverte il governatore altoatesino Arno Kompatscher: «Non è una sfida logistica o organizzativa, adesso convincere gli incerti è una battaglia culturale. Sappiamo che qui le posizioni no vax sono molto radicate».
Presidente, l’Alto Adige è maglia nera per i vaccinati, più di metà della popolazione non ha ancora ricevuto la prima dose. Nessuno in Italia fa peggio, perché?
«Siamo partiti benissimo, eravamo tra i primi per le somministrazioni. Questo significa che dal punto di vista logistico-organizzativo tutto ha funzionato alla perfezione. Ma sapevamo di essere un territorio dove le posizioni no vax sono più radicate, si sente l’influenza dell’area germanica. Adesso dobbiamo vincere una battaglia culturale».
Quali sono le parti della società più scettiche?
«Sugli over 60 e le categorie fragili abbiamo dati buoni. Adesso il problema sono nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni, e anche tra i giovani. Come Provincia speriamo che il green pass, previsto per molte attività come le feste o le attività sportive, costituisca un incentivo perché alla lunga il test, anche autosomministrato, è una scocciatura».
Ha parlato di una battaglia culturale: come la affrontate?
«In questa fase non dobbiamo puntare a convincere la minoranza fondamentalista che mai si vaccinerà. Bisogna puntare sugli scettici, o meglio direi gli attendisti. Quelli che non sono ideologicamente contrari ai vaccini ma che si dicono che ora i contagi sono bassi, che pensano di vaccinarsi a settembre perché poi il green pass durerà più a lungo. A queste persone noi dobbiamo parlare chiaramente, non dall’alto in basso. Chiarire i dubbi, andare verso di loro. Proprio per questo stiamo facendo eventi sul territorio».
Se Maometto non va alla montagna...
«Con l’Azienda sanitaria stiamo andando anche nei piccoli comuni, collaboriamo con i medici di base, farmacisti, sindaci, testimonial locali. Sarà un lavoro lungo ma capillare. Non vorrei che a settembre fossimo tra i pochi costretti a richiudere perché abbiamo pochi vaccinati, non posso accettare una cosa del genere. Dobbiamo farcela, e ce la faremo. Ne sono convinto».
L’Alto Adige è stata la prima regione a togliere la mascherina all’aperto. Non è che questi scostamenti dalla linea del governo creano confusione?
«Non ci sono stati grandissimi scostamenti direi, per il 90 per cento abbiamo condiviso le decisioni del governo. Rispetto ad altre Regioni, essendo autonomi, abbiamo potuto prendere decisioni più rapide. Adesso che si trattava di riaprire, ma anche in passato quando abbiamo anticipato le chiusure».
Si parla anche dei potenziali contagi dovuti al turismo. Le vacanze in Alto Adige sono sicure?
«Collaboriamo molto bene con tante aziende, abbiamo messo a disposizione i test in auto-somministrazione come aggiunta al vaccino per dare maggiore sicurezza. E per le aziende c’è la possibilità di vaccinare anche il personale stagionale. Stiamo facendo di tutto».
Bolzano è diventata un caso nazionale anche per i caroselli degenerati in violenza. Cosa pensa di quello che è accaduto dopo la partita con l’Austria?
«Non voglio pronunciarmi su indagini che sono ancora in corso ma, a quanto sembra, si tratta di un fenomeno che va oltre qualche tifoso che eccede nell’entusiasmo dei festeggiamenti. Non è un qualcosa di collegato all’Italia con sfottò o striscioni contro l’Austria, piuttosto c’è stato qualcuno che ha colto l’occasione per creare caos. Direi che è un campanello d’allarme dell’esasperazione, una parte della cittadinanza che si allontana dalle istituzioni e dalle regole. Bisognerà lavorare a 360 gradi, servirà un approccio di ampia portata».