la Repubblica, 29 giugno 2021
Lavorare non conviene
A proposito del fatto che non lavorare possa essere più conveniente che lavorare, ne abbiamo spesso parlato qui: il problema strutturale di occupazione/disoccupazione in questo Paese. Ho seguito una manifestazione di protesta dei lavoratori dei musei, ieri a Roma. Esternalizzati, cioè quelli che lavorano per società che forniscono servizi. Non assunti dall’ente pubblico o misto (la maggior parte dei grandi musei lo è).Sono la maggioranza, come si sa: assumere un dipendente con il contratto dell’ente pubblico costa molto di più che affidare il servizio a una società o cooperativa, con gara al ribasso. In questo modo custodi e vigilanti dei musei possono essere pagati 4,20 euro all’ora in virtù del contratto per i Servizi fiduciari e associati (SAFI), il più recente. Capita che sotto la voce “custodia e vigilanza” finiscano per cadere anche attività di prenotazione, biglietteria, inviti, accrediti, accoglienza. Non dovrebbe, ma capita. Chi lavora nei musei, dunque – stiamo parlando dei Musei, una delle ragioni per cui da tutto il mondo si sceglie di venire in Italia – prende 670 euro al mese, quando va bene: solo se lavora otto ore al giorno per cinque giorni a settimana per quattro settimane.Centosessanta ore al mese, e non tutti hanno l’ingaggio pieno. Il reddito di cittadinanza, per dire solo dell’ultima delle misure di sussidio per chi è inoccupato o disoccupato, può arrivare fino a 780 euro mensili. Ma se anche fossero meno dei 670. Fra stare a casa e avere il sussidio (e intanto fare un lavoro da remoto, occuparsi della famiglia, di sé) o lavorare tutto il giorno per la stessa o simile cifra, dovendo magari pagare badanti per i genitori o baby sitter per i figli, voi cosa fareste?