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 2021  giugno 28 Lunedì calendario

Intervista a Lorenzo Musetti


Tra i fili d’erba del tempio riaperto dopo lo stop per pandemia, in mezzo ai giganti (Djokovic che insegue il Golden Slam, Federer dall’età avanzata e dalla forma incerta, Serena che rinuncia all’Olimpiade), da oggi prova a farsi largo anche Lorenzo Musetti, fresco di ottavi di finale a Parigi e maturità. Oltre alla testa di serie n.7 Berrettini, che tenta il doppio carpiato con avvitamento Queen’s-Wimbledon, oltre a Sinner capitato ancora nella metà di tabellone del Djoker, Lorenzo è il nuovo che avanza sul verde, questo sconosciuto.
Musetti, cosa sa dell’erba di Wimbledon?
«Poco, in effetti. Ho giocato il torneo junior nel 2018, nel 2019 non avevo la classifica per partecipare, nel 2020 Wimbledon fu cancellato. E per la maturità non ho nemmeno potuto partecipare ai tornei in preparazione».
E allora si è allenato sul prato del campo di calcio del Tc Junior San Benedetto di La Spezia.
«Meglio di niente: l’importante era aggiustare gli spostamenti e la tecnica all’erba, che rispetto alla terra è un altro sport».
Gli ottavi al Roland Garros impongono alte ambizioni anche a Londra.
«L’obiettivo è far bene: raggiungere la seconda settimana non sarebbe un cattivo risultato. Certo dovrò accorciare le mie aperture esagerate ma posso cavarmela anche sul verde grazie alle variazioni, alla palla corta, alle volée».
Affrontare l’idolo Federer a casa sua sarebbe un sogno?
«Ho ancora negli occhi la finale 2019 che Roger perse con Djokovic sprecando due match point: in tanti non abbiamo dormito, quella notte. Quindi sì, affrontare Federer a Wimbledon sarebbe qualcosa di grandissimo».
Intanto al primo turno c’è quell’Hurkacz, che ad aprile sconfisse Sinner in finale al Miami Open. Non un cliente facile.
«Batte bene, gioca d’anticipo, ha una buona mano. Tennista da veloce, ma l’erba è tutta un’altra bestia».
Più emozionante affrontare Djokovic sul centrale di Parigi o la commissione dell’esame di maturità a Cecina?
«Eh, è una bella lotta...».
L’esperienza di Parigi
Mi sono portato a casa la fiducia e la certezza di essere stato superiore al n.1 del mondo per due set
Come ha smaltito la sbornia di Parigi?
«Mia mamma ha rotto talmente per la maturità, che mi ha riportato subito con i piedi per terra! Mi sono tolto un bel peso, adesso mi prendo un anno per dedicarmi solo al tennis, poi penserò a un’eventuale università».
Su cosa ha discusso l’elaborato?
«Maturità linguistica da privatista, in inglese ho portato Thomas Hardy, in francese De Lamartine: in entrambi i casi due poesie che rispecchiavano il nodo concettuale della natura matrigna. Volevo fare bella figura, avevo studiato parecchio. Alla fine sono andato via liscio, il voto lo saprò in questi giorni».
Cosa si pensa avanti due set a zero con Djokovic?
«Pochissimo. Sul 7-6, 7-6 ero convinto che non avrebbe mai mollato e non so se questo timore mi abbia tolto energia, rendendomi più vulnerabile, perché da lì in poi, tra problemi fisici e stanchezza, non sono più riuscito ad esprimermi. Lui ha visto uno spiraglio e ci si è infilato».
E cosa si pensa sotto 4-0 al quinto set con Djokovic?
«A quel punto non ero più io, il mio angolo mi aveva già detto di ritirarmi».
Non si è pentito di averlo fatto, Lorenzo? Non era meglio restare in campo e perdere 6-0 al quinto?
«Non avrei voluto, ma rischiavo di farmi davvero male. Alla fine ho dato retta al mio angolo».
Perché il Djoker è quasi ingiocabile?
«È veramente una macchina. Perde 7-6, 7-6 da un ragazzino italiano e ha la capacità di azzerare tutto e ricominciare da capo, come se niente fosse successo. Così ci nasci, non ci diventi».