Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  giugno 28 Lunedì calendario

Intervista ad Alessandra Ghisleri

C’è crisi di vocazioni in politica? 
Falso.
Conte ha da guadagnare se divide i suoi destini da quelli di Grillo? 
Falso.
E Grillo l’Elevato cosa ottiene facendo fuori Conte? 
Un probabile gran ruzzolone, come quello che subì Forza Italia nel 2016.
Alessandra Ghisleri chiama brand i simboli dei partiti. 
Mi piace analizzarli secondo la loro capacità performante.
Ma i partiti non sono srl. 
Quello dei Cinquestelle è un brand che tira.
Che tira ancora? 
Le sembra poco il 15-17 per cento? Il successo così enorme che hanno ottenuto alle scorse elezioni è stato destabilizzante. Sono stati sbalzati all’insù e molti di loro poi si sono schiantati a terra. Il contraccolpo è stato micidiale, le crisi di maturazione, le trasformazioni successive sono state cruente. Eppure, ad oggi, da analista mi sentirei di consigliare a Giuseppe Conte una riflessione.
Illustri. 
Rispetti il principio di realtà.
Dal quale discende di portare rispetto al “brand”. 
Perché riassume la storia della idea politica nata dalla proposta di una cittadinanza come potere orizzontale, popolare e autopropulsivo, il cittadino come lobbista di sé stesso per dirla in breve. Sentimenti ancora attuali tra gli elettori di quella parte. E Conte potrà godere di un valore aggiunto altissimo se spersonalizza la lite. Io per esempio non avrei chiesto, se è vero ciò che ho letto, “scuse pubbliche” a Grillo. Il fondatore del Movimento deve piuttosto delle spiegazioni al Movimento e accettare di rimodulare la sua relazione con esso.
Grillo e Conte devono coabitare, secondo lei. 
Ogni lite scoppiata, ora penso a ciò che è accaduto nel Pd, ha prodotto un partito. Prima Articolo 1 poi Italia Viva, eccetera. E a catena chi è andato via con un litigio ha continuato a litigare. Risultato? Pd più debole e all’esterno proliferazione di partitini sempre più piccoli ed evanescenti.
Simmetrica la condizione dentro Forza Italia. 
Talmente simmetrica che ad oggi il centrodestra ha difficoltà a individuare candidati.
Si dice che fare il sindaco è troppo oneroso, anzi pericoloso. 
Falso, anzi falsissimo. La gente c’è, saprebbe cosa fare e dire ma non si fida dei partiti. Sono i partiti ad aver perduto reputazione, a non essere stimati. Nessuno vuole ficcare la testa dentro il litigio permanente. La vicenda di Bertolaso è illuminante: ha rinunciato a correre a Roma perché aveva intuito che non ci sarebbe stato rispetto per il suo ruolo. Non gli andava di fare lo specchietto per le allodole che era la parte che gli sarebbe stata assegnata.
I partiti non cercano candidati ma “figuranti”? 
Cercare teste di legno è certamente più facile ma meno vincente. Ricordo che a Milano chi entrava in giunta aveva, ai tempi di Tognoli, la prospettiva di arrivare in Parlamento. Era un impegno importante, l’inizio di un cursus honorum rispettaato. Oggi è così?
I partiti demoliscono, se possono. 
I cittadini hanno la testa negli effetti della pandemia sulla loro vita e loro di cosa parlano? Della mascherina sulla loro bocca. Ma è serio? Perciò l’opinione pubblica guarda a Draghi, nella considerazione che l’uomo sia fuori dai partiti. È questa condizione a tributargli stima (un po’ come è successo a Conte nei primi mesi della pandemia). C’è la diffusa e purtroppo radicata convinzione che il sistema non cerchi il bene comune, dunque l’attenzione va a chi appare fuori da esso. E infatti il sistema non si assicura classe dirigente. Il mondo dello spettacolo, prediamo quello della canzone, ha X-factor come catino da cui ricevere nuova linfa.
Lì però è televoto. 
Chi vuole cantare sa che ha almeno una possibilità per mettersi alla prova. Chi vuole fare politica invece dove va, a chi bussa?