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 2021  giugno 27 Domenica calendario

Le lettere d’amore tra Hölderlin e Frau Gontard

Lei era la moglie di un banchiere, bella, colta e sensibile. Lui un poeta di grandi speranze, chiamato a educare il figlio di lei. Tutti e due avevano meno di trent’anni, in un mondo che stava cambiando. Quando la loro relazione oltrepassò il limite tollerato, lui fu costretto a lasciare il posto da precettore e la casa del banchiere. Si trasferì in una cittadina limitrofa, ma non rinunciò a vederla. Continuarono a incontrarsi in segreto, si scambiarono lettere appassionate, si raccontarono i giorni, le ore e i minuti trascorsi in reciproca attesa. L’amore tra Susette Borckenstein-Gontard e Friedrich Hölderlin è entrato nelle cronache letterarie e ha acceso nel tempo la fantasia di artisti e scrittori. Come immaginare un triangolo amoroso più struggente e drammatico di quello che oppone il denaro all’ideale dell’arte? Da una parte un poeta che finirà i suoi giorni nell’isolamento e nella follia; dall’altra un banchiere che aveva scelto come motto «Les affaires avant tout». Tra loro una giovane donna, madre di quattro figli, che suona il pianoforte, disegna, legge e scrive. E si innamora perdutamente. 
Non sarà l’amore a trionfare. Il poeta si allontana definitivamente dall’amata e dalla città, alla ricerca di un nuovo sostentamento economico, iniziando quel percorso tormentato che lo porterà nel giro di qualche anno all’obnubilamento mentale, mentre la donna, minata da una malattia ai polmoni, muore di rosolia. Il banchiere non tarderà a risposarsi.
Rimarranno le lettere di lei, qualche abbozzo di quelle di lui, gli scritti ispirati da questa relazione clandestina. Rimarranno ricostruzioni fantasiose, aneddoti poco credibili, speculazioni senza fondamento. Intorno al destino infelice di Friedrich e Susette si scriveranno romanzi, drammi e poesie, si gireranno film, si diffonderà l’aura di un amore tragico perché assoluto. Le pagine lasciate in bianco dagli scarni documenti pervenuti saranno riempite di immaginari dialoghi. Già nell’Ottocento le icone stilizzate dei due amanti appaiono congiunte, in una sorta di doppio medaglione.
Presto la figura storica di Susette Gontard sarà identificata con il personaggio letterario di Diotima, così come Hölderlin lo rappresenta nel romanzo Hyperion e altrove nei suoi versi. E quando nel Novecento le lettere di lei saranno finalmente «ritrovate» – ovvero strappate al riserbo imposto dalla morale corrente – gli editori troveranno opportuno pubblicarle sotto il titolo Le lettere di Diotima, quasi che a scriverle non fosse stata davvero una donna in carne e ossa, ma una proiezione letteraria, un’ombra del poeta, o meglio la sua «musa ispiratrice». 
Ma davvero la storia d’amore fra Hölderlin e la Gontard non offre altre chiavi di lettura che quella di una favola stereotipata? Cosa sappiamo realmente di ciò che accadde? Quanto è possibile accertare di questa vicenda, dalle carte sfuggite alla censura dei familiari? E soprattutto: come leggere le lettere di lei? Chi fu la donna amata e amante di un poeta fra i più grandi della letteratura universale? Che peso ebbe effettivamente questa relazione nella vita di Hölderlin e nella sua tragica evoluzione? In quale costellazione storica si pone un episodio apparentemente privato come una relazione extraconiugale alla fine del Settecento? Furono Friedrich e Susette due amanti estraniati dal mondo e dalle sue dinamiche, o in questa storia compaiono altri personaggi, il cui ruolo fu determinante? In che modo letteratura e vita si specchiano l’una nell’altra? (…)
La scrittura epistolare di Susette non perde occasione per farsi indagine dell’animo. Al suo centro ci sono sentimenti, inquietudini, fantasie. «Non avevo niente da raccontarti, ma tanto, davvero tanto da dirti», scrive. La donna sa bene che la relazione con l’amato non può avere un futuro, eppure si aggrappa ad essa con tutte le sue forze. Non è la speranza ingenua che un’occulta provvidenza consenta il «miracolo» di un ricongiungimento. È la fede nel proprio sentire. Susette ama perché questa è la sua ragione d’essere. «Se non provassi più sentimenti, se l’amore dentro di me scomparisse – cosa sarebbe la mia vita senza amore! -, allora sprofonderei nella notte, nella morte.» Vivere è amare e amare è avvertire intensamente se stessi. Paure e desideri trovano in queste missive il luogo per affacciarsi alla coscienza. Nelle lettere l’io inventa se stesso. Al di fuori di loro non c’è alcuna soggettività. Ciò comporta il riconoscimento della discontinuità degli stati d’animo e il rifiuto di un’identità definita a priori. L’io sociale si dissolve. La fantasia estetica disconosce il primato del principio di realtà e prende le distanze dalla ragione. In questo contesto sono da collocare anche allucinazioni e pulsioni autodistruttive.
A dispetto di molti biografi e interpreti di Hölderlin, Susette Gontard non è Diotima, ma una donna romantica a cui è preclusa la strada dell’emancipazione e che solo nell’autonomia dell’arte riesce a sottrarsi alla tirannia dell’ambiente a cui appartiene.