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 2021  giugno 27 Domenica calendario

Reddito di cittadinanza, solo uno su 10 ha trovato lavoro

Storia di un mezzo flop annunciato: sin dall’avvio, il reddito di cittadinanza è stato accompagnato da forti polemiche. Questo strumento rappresenta un unicum, perché coniuga la lotta alla povertà con le politiche attive del lavoro, e questa natura “ibrida” ha subito fatto storcere il naso agli esperti. Poi il suo lancio, avvenuto in fretta e furia ad aprile del 2019, con l’erogazione dell’importo nella Card in prossimità delle elezioni europee che segnarono il successo del M5S (che aveva fatto di questa misura un cavallo di battaglia) suonò sospetto a molti, anche perché avvenne con diversi mesi di anticipo rispetto alle convocazioni dei percettori “occupabili” nei centri per l’impiego. 
A oltre due anni dall’avvio, il reddito di cittadinanza mostra tutti i suoi limiti, e nel governo si è aperta la riflessione su una correzione di rotta; nei piani del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, «deve essere riorganizzato, così come il reddito di emergenza»; deve trasformarsi in un’occasione per formarsi e ricollocarsi, e non solo per ricevere un sussidio, anche se «senza questi sostegni la pandemia sarebbe stata ancora più drammatica».
Il ministro Orlando ha istituito a marzo un comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza presieduto da Chiara Saraceno, che non ha ancora fornito valutazioni e proposte di intervento. «Se il sostegno si è rivelato efficace per contrastare la povertà – ha detto il ministro del Lavoro -, dall’altro non ha favorito l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Raccontare che si sarebbero aiutate le persone a trovare lavoro tramite il reddito di cittadinanza è stato un errore».
I numeri parlano chiaro: come rileva la Corte dei Conti, a fronte di 1,6 milioni di soggetti convocati, poco più di 1,05 milioni sono tenuti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro. I presi in carico sono 327.555, dunque meno di un terzo della platea; al 10 febbraio 2021, ultimo dato ufficiale disponibile, in 152.673 hanno instaurato un rapporto di lavoro dopo la presentazione della domanda, il 15,19% degli occupabili. Nessuno studio è stato fatto per verificare se sia stato determinante per trovate il posto di lavoro l’intervento del centro per l’impiego, o se il percettore del Rdc si è rivolto ad altri canali. Nel tempo il numero dei beneficiari è lievitato: a maggio si contavano 1,1 milione di nuclei (+16% su maggio 2020) per 2,8 milioni di persone, con una media di 583 euro di importo.
Come è noto per la presa in carico dei percettori del Rdc è stata creata una nuova figura professionale, il navigator: nell’estate del 2019 ne sono stati assunti 2.978 da Anpal servizi con contratto di collaborazione (ed una retribuzione lorda di circa 30mila euro annui) scaduto lo scorso aprile e prorogato alla fine dell’anno. Il loro ingresso è stato frenato dalle regioni che non vedevano di buon occhio la presenza nelle loro strutture di dipendenti di altre amministrazioni, tanto che dopo mesi di impasse si optò per una soluzione “ibrida”; i navigator possono svolgere l’attività diretta o in affiancamento al dipendente del centro per l’impiego, d’intesa con il responsabile. Ne sono rimasti 2.549: molti si stanno candidando agli 11.600 posti a tempo indeterminato banditi dalle regioni negli stessi centri per l’impiego dove operano da precari; come annunciato dal ministro Orlando «avranno il riconoscimento della selezione che hanno già superato». Sono giovani (età media 35 anni, in prevalenza donne), in possesso di laurea (prevale giurisprudenza) e fanno gola ad una Pa che deve svecchiarsi. Per avere un quadro dei risultati della loro attività, non esistono report aggiornati di Anpal, l’ultima pubblicazione ufficiale risale a ottobre 2020; l’ex presidente di Anpal, Mimmo Parisi – al centro di polemiche per le ingenti spese – voleva comunicare dati più aggiornati prima di lasciare l’Agenzia, ma poi gli è stato suggerito di non farlo. Evidentemente non erano risultati di cui rallegrarsi.
Con l’Anpal commissariato dal ministro Orlando, il testimone è stato preso da Raffaele Tangorra, che ha alle spalle una lunga carriera al ministero del Lavoro. Il problema è che il sistema informativo unitario di Anpal non è mai realmente decollato, l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro per cittadini, aziende e operatori con il portale MyAnpal fa registrare solo 22mila rapporti di lavoro avviati dal 1° gennaio 2020. Solo in 430 hanno usato l’assegno di ricollocazione, lo strumento principe di politica attiva dedicato ai percettori di Rdc. 
Un report di Anna, l’associazione nazionale dei navigator, evidenzia una serie di criticità: «manca l’interoperabilità con tutti i sistemi che entrano in campo nel RdC»; l’Inps dialoga con i nodi regionali con «disallineamenti temporali importanti che non tengono conto della possibilità per un percettore di avere un lavoro per un breve periodo». Inoltre «i sistemi regionali non comunicano tra loro, rendendo difficile ricostruire una carriera lavorativa svolta in diversi territori», ostacolando l’offerta di opportunità lavorative e di formazione in regioni limitrofe. Mancano ancora decreti attuativi sulle modalità di erogazione del beneficio addizionale riconosciuto ai beneficiari del RdC che avviano un’attività lavorativa autonoma entro i primi 12 mesi, o sulla modalità di accesso al credito di imposta al datore di lavoro che comunica alla piattaforma digitale dedicata al RdC i posti vacanti. Questa misura doveva contribuire a rendere più appetibili i centri per l’impiego per le imprese che in larga prevalenza si rivolgono ad altri canali per la ricerca del personale. Sono ancora poche le aziende che optano per gli operatori pubblici.
Significativo è che nel Pnrr il Rdc non venga neppure citato, nonostante una buona parte di proposte riguardi le politiche sociali. Un intervento rapido che ridefinisca perimetri e compiti del Rdc è quindi urgentissimo, considerando anche gli ingenti costi ipotecati dalla misura. Senza una netta separazione dell’assistenza dalle politiche attive il rischio è zavorrare queste ultime; sarebbe l’ennesima occasione persa che l’Italia non può permettersi. Soprattutto in questa delicata fase di ripresa dall’emergenza.