Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  giugno 27 Domenica calendario

Il piccolo mondo crollato a Miami

La famiglia argentina – lei chirurgo plastico, lui direttore di un teatro e la figlioletta di sei anni – che era venuta in Florida per vaccinarsi. Gli ebrei cubani fuggiti dalla dittatura di Fidel Castro. Una cilena lontana cugina di Michelle Bachelet, che del Paese sudamericano fu presidente. La sorella della first lady del Paraguay. Il crollo, giovedì notte, della Champlain Towers South di Miami, un elegante condominio affacciato sull’oceano precocemente invecchiato e minato dall’erosione di una costa sempre più esposta a inondazioni, ha schiacciato, e probabilmente distrutto, famiglie di provenienze assai diverse, che professavano religioni diverse in una torre di 12 piani nella quale – ricordano ora i sopravvissuti – era abituale sentir parlare spagnolo, inglese, russo o ebraico. Ce n’è abbastanza per spingere la stampa Usa a descrivere il crollo nel quale, oltre ai 4 morti già accertati, sono spariti 159 dispersi, molti dei quali sepolti sotto le macerie, come la tragedia multiculturale di una torre di Babele. 
Torri così ce ne sono tante in Florida: condomini inizialmente costruiti per i benestanti statunitensi decisi a sfuggire al gelo invernale del Nord e che poi, oltre ai cubani anticastristi, hanno accolto sempre più spesso ricchi sudamericani che hanno fatto di Miami la loro Montecarlo. Ma quello crollato non era un palazzo di gran lusso. Costruita 40 anni fa, la torre di Surfside, qualche chilometro a nord della metropoli, aveva accolto soprattutto famiglie che abbandonavano un South Side di Miami Beach ormai degradato. Un edificio, insieme a quelli circostanti, costruito in una zona paludosa, esposta all’erosione delle maree. Forse realizzato senza tutte le cautele che sarebbero state necessarie per proteggere le strutture dalla corrosione della salsedine, dalla ruggine, dalla vulnerabilità di una costa fragile, sempre più esposta a infiltrazioni e inondazioni. 
Fondamenta corrose 
Una struttura minata dall’erosione di una costa sempre più esposta a inondazioni 
Ora, mentre le squadre di soccorso ancora scavano con le speranze di trovare altri superstiti ormai ridotte al lumicino, le storie di questa comunità multietnica – mancano all’appello 10 argentini, 6 paraguaiani, 6 colombiani, 4 venezuelani e ben 20 cittadini di Israele (forse non tutti in Florida al momento del crollo) – si intrecciano con la ricerca dei responsabili di quella che è già etichettata come una catastrofe annunciata: una perizia effettuata da ingegneri nel 2018 aveva individuato «gravi danni strutturali» nell’edificio aggiungendo che, se non si fosse intervenuti per ripristinare e proteggere dall’acqua le strutture portanti corrose, il condominio sarebbe andato incontro a grossi guai. 
Ora questo rapporto firmato da Frank Morabito pesa come un macigno sugli amministratori del condominio. Ma si può immaginare che, come in tanti altri palazzi, il varo di lavori straordinari sia stato oggetto di discussioni prolungate, e magari anche aspre, tra i condomini. Nella sua perizia Morabito, che ora tace, avvertì che i lavori, necessari per rinforzare le fondamenta di cemento armato con l’acciaio corroso dal mare, sarebbero stati molto costosi e avrebbero comportato parecchi disagi per i residenti. Gli amministratori, che invece parlano, dicono che, dopo molte discussioni, i restauri erano stati deliberati e sarebbero iniziati nei prossimi mesi. Senza grande fretta perché nessuno aveva parlato del rischio di un crollo (la perizia parla di major disturbances). 
Intanto, dopo tante denunce sui mutamenti climatici che fanno innalzare il livello dei mari e mettono a repentaglio le regioni costiere, il crollo di Surfside, forse figlio soprattutto di un errore strutturale commesso 40 anni fa, semina il panico tra i residenti costieri di Miami: viene rispolverato lo studio di Shimon Wdowinski, un docente universitario che aveva analizzato l’erosione della costa giungendo alla conclusione che il suo livello si abbassa, dal 1990, di 2 millimetri l’anno. Wdowinski aveva individuato come maggiormente a rischio gli edifici costruiti in zone paludose: quella di Surfside dove è sorta la Champlain Tower, ma anche altre più a sud, nella zona di Flamingo a South Miami Beach.