Il Sole 24 Ore, 26 giugno 2021
Se tassi e inflazione salgono raddoppiano le aziende in rosso
Che il mondo sia pieno di debiti è cosa nota: dopo anni di tassi a zero e di abbondante liquidità non poteva essere altrimenti. La domanda a cui è difficile rispondere, però, è cosa accadrebbe se lo scenario cambiasse: cioè se salissero i tassi d’interesse e/o l’inflazione. S&P Global Ratings ha provato a dare una risposta, facendo uno stress test planetario a oltre 10mila aziende di tutto il mondo, corrispondenti al 31% dei debiti societari globali, delle quali l’83% senza rating. Quello che emerge dovrebbe far riflettere banche centrali e policy maker: a fare davvero male alle aziende iper-indebitate sarebbe infatti molto più un aumento dell’inflazione dovuto al rincaro delle materie prime, che un incremento dei tassi sui debiti aziendali. Ma se gli shock arrivassero insieme (spread elevati come ai tempi di Lehman e inflazione in stile anni ’70), allora i guai si sommerebbero: le aziende in perdita raddoppierebbero in due anni e arriverebbero nel 2023 al 12%, mentre quelle ad elevato debito balzerebbero dal 33% del 2020 al 39%. «Sebbene una crisi nel breve termine sia improbabile – commenta Terry Chan, Senior Research Fellow a S&P Global Ratings – il nostro stress test dimostra che un balzo di inflazione e tassi aumenterebbe in maniera significativa il numero di imprese sotto stress finanziario».
Lo stress test planetario
L’esercizio di S&P non è una previsione: l’agenzia non dice quante probabilità ci siano di vedere tassi e inflazione in rialzo. Lo scopo è un altro: calcolare, su un universo di oltre 10mila aziende (dislocate per il 34% in Nord America, per il 25% in Europa, per il 22% in Asia-Pacifico e per il 13% nella sola Cina) cosa accadrebbe se inflazione e tassi salissero. Si tratta di un vero e proprio stress test: partendo dai bilanci 2020 l’obiettivo dell’agenzia di rating è di capire cosa succederebbe se questi due scenari estremi, o uno solo dei due, diventassero realtà. S&P si focalizza, all’interno del campione, su due categorie di aziende più vulnerabili: quelle iper-indebitate (quelle cioè che hanno un debito superiore a 4 volte l’Ebitda) e quelle in perdita. L’idea è di vedere quante erano nel 2020 le aziende in queste due categorie e quante diventerebbero qualora spread o inflazione dovessero impennarsi.
Le imprese super-indebitate
Partiamo da quelle molto indebitate, che già a fine 2020 erano il 33% delle 10mila aziende del campione. Nello scenario base, nel 2023 questa categoria si ridurrebbe al 31% del totale. Quello che colpisce è che se fossero gli spread pagati dalle aziende a salire addirittura fino ai livelli dei tempi della grande crisi finanziaria post-Lehman, la situazione non peggiorerebbe di molto: le aziende iper-indebitate arriverebbero al 32% del totale. Il motivo è questo: le aziende di tutto il mondo in questi ultimi anni hanno raccolto molti fondi sfruttando i tassi bassi, per cui ora sono piene di liquidità. Questo permette loro di fronteggiare – almeno nel breve-medio termine – un eventuale rialzo degli spread. Per il banale motivo che possono permettersi di non raccogliere fondi per un po’ sui mercati. «L’aumento dei tassi va a colpire solo il debito futuro, quello che viene emesso con spread più elevati – osserva Barbara Castellano, una delle autrici dello stress test -. Questo penalizzerebbe dunque solo le aziende che hanno debiti da rifinanziare a breve o che vogliono finanziare con debito investimenti o acquisizioni».
Il vero colpo di grazia arriverebbe invece da un aumento dell’inflazione (l’ipotesi dello stress test immagina un’impennata in stile anni ’70). Per inflazione S&P intende i prezzi alla produzione: quelli cioè influenzati da un eventuale (e non certo impossibile) rincaro strutturale delle materie prime. «L’aumento dell’inflazione è più penalizzante rispetto alla crescita degli spread sui debiti, perché le aziende potrebbero non essere in grado di trasferire alla clientela i maggiori costi alla produzione», spiega Castellano. Questo ridurrebbe i margini e dunque peserebbe sui livelli di indebitamento. Morale: in questo caso le aziende globali con elevato debito salirebbero al 37% del totale su base mondiale. Ma l’incremento maggiore sarebbe in Cina (+11%), seguita da Europa (+6%), Nord America (5%), Asia ex-Cina (6%) e infine America Latina (4%). Infine c’è lo scenario peggiore: quello in cui a salire siano sia l’inflazione sia gli spread, in tandem. In questo caso le aziende iper-indebitate salirebbero al 39% a livello globale, con punte del 52% in Sud America.
Le imprese in perdita
Numeri diversi per l’altra categoria di imprese vulnerabili, quelle in perdita. Nel 2020 erano, a livello mondiale, il 7% del totale. Nello scenario base resterebbero il 7%. Se salisse l’inflazione oppure il costo del debito, per questa categoria di aziende l’impatto sarebbe identico: quelle in perdita salirebbero al 9% nel 2023. Il problema si avrebbe se a balzare fossero sia gli spread sia l’inflazione: in questo caso nel 2023 le aziende in rosso salirebbero al 12%. Questo non significa che i default salirebbero al 12%: vuole piuttosto dire che il 12% del campione diventerebbe più vulnerabile ed esposto eventualmente al rischio di insolvenza.